Federico Rendina, 27 anni: «Ho visto morire i miei cari, mia madre urlava»

27 Ago 2016 10:30 - di Gianluca Corrente

Un boato, le urla disperate della madre poi il crollo della casa a Pescara del Tronto: lui è sopravvissuto perché il tetto che ha ceduto lo ha “protetto”. «Avevo bevuto un bicchiere d’acqua e mi ero rimesso a letto. Poi ho sentito la scossa e un boato ed è crollata la casa». Scampato miracolosamente al sisma, Federico Rendina, 27 anni, romano, racconta all’Ansa con una voce flebile quegli attimi drammatici: la madre, Nunzia Potenziani, 51 anni, ha perso la vita, mentre si sono salvati il padre Renato, 63 anni, fabbro, e il fratello Diego, 23 anni, ricoverati ad Ancona nel reparto di Clinica di Anestesia e Rianimazione, e Marian C., operaio romeno della ditta del padre.

 Federico Rendina ricorda: «Mio padre ama raccogliere funghi e castagne»

Nell’abitazione, di proprietà dei genitori di Federico Rendina che ha anche un altro fratello che si trovava a Roma, c’era anche Jessica Picconi, 23 anni, fidanzata di Diego, anche lei deceduta. Il 27enne rivede gli attimi in cui le vite di tutti loro si sono messe in gioco come in una tragica roulette russa nell’abitazione dove i Rendina trascorrevano quasi ogni week-end. «Andavamo a Pescara del Tronto nei fine settimana. Mio padre ama raccogliere funghi e castagne. E con la ditta di famiglia eseguiamo lavori da fabbro anche in zona». Ma quelli che dovevano essere giorni di svago e riposo si sono trasformati in un incubo. «Avevo bevuto un bicchiere d’acqua e mi ero appena rimesso a letto. Ero sveglio quando ho sentito la scossa, un boato – aggiunge Federico – si è staccato un pezzo di casa che è venuto giù. Ho sentito mia madre gridare disperata. Mi è piombato addosso anche un armadio a muro e il tetto ceduto mi ha fatto da “capanna”, proteggendomi dalle macerie che cadevano». Poi cos’è successo, come ha fatto a uscire? «Marian, operaio della nostra azienda che era con noi in casa, si era liberato subito e mi ha aiutato, con difficoltà, a venire fuori dalle macerie. Insieme, poi abbiamo estratto vivi mio padre e mio fratello. Per mia madre e per Jessica, che dormiva con Diego, coperte da cumuli di macerie, non c’è stato invece da fare. Non si sentiva più nulla, non rispondevano. Mio fratello si è salvato perché c’era un comodino che ha bloccato le macerie». Lei ha riportato ferite? «Solo delle escoriazioni alla testa». In ospedale, ad Ancona, per stare accanto a Renato e Diego Rendina sono arrivati alcuni parenti da Roma e anche il cugino Giuseppe, originario dell’Aquila, segnato già dal sisma del 2009 e ora colpito come in un tragico deja-vu: «Ho già vissuto il terremoto in prima persona, un’esperienza terribile che non auguro a nessuno». La sua casa, a Scoppito, fortunatamente si salvò, ma l’uomo perse persone care e le abitazioni di suoi parenti nel centro dell’Aquila crollarono. «La casa di mio cugino Luca è stata distrutta – ricorda – ma miracolosamente nel suo letto non cadde neanche una briciola delle macerie, e lui si è salvato».

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