«Così l’amico Renzi ci ha traditi». Intervista-verità con il sindaco Castelli

10 Ago 2016 15:54 - di Desiree Ragazzi

«Renzi ha tradito il messaggio che aveva lanciato alla nazione. Aveva promesso che avrebbe valorizzato i sindaci  e le autonomie locali che lui stesso aveva qualificato come la parte migliore e più sana d’Italia. Giocando sull’appellativo “sono il sindaco d’Italia” ed evocando le torri civiche e i fasci tricolari era riuscito a stimolare un certo fervore nell’Anci. Ma i risultati sono pessimi…». Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno, ex Msi ed An e ora Forza Italia, torna a puntare il dito contro il premier. A luglio, con la pubblicazione del suo e-book No, caro Matteo, aveva ragionato sulla perduta autonomia degli enti locali nell’era Renzi. E qui ci spiega perché illustrando i contenuti del suo libro.

Lei ha il dente avvelenato contro Renzi e non lo nasconde…
Sta perseguitando i Comuni. I provvedimenti normativi del governo hanno fortemente deteriorato l’autonomia dei Comuni e limitato la capacità di erogare servizi alle comunità. In qualche caso una parte considerevole della copertura finanziaria dei famosi 80 euro fu garantita proprio in virtù dei tagli ai bilanci comunali. Dopo l’esplodere della grande crisi, negli ultimi cinque anni  i Comuni hanno contribuito molto più di altri, con sedici miliardi al risanamento dei conti dello Stato. Rispetto a questo trend Renzi non solo non lo ha corretto, ma lo ha aggravato molto di più.

Renzi ha parlato spesso del superamento del patto di stabilità…
È una bufala che sventola come grande risultato. La realtà dice un’altra cosa: gli investimenti comunali nei primi sei mesi del 2016 sono diminuiti del 52%. Il crollo è dovuto alla riforma degli appalti che è stata fatta coi piedi.

Perché?
In appena tre mesi ha subito ben 170 modifiche pubblicate in Gazzetta Ufficiale, gettando nello sconforto i funzionari comunali che non sanno come orientarsi quando c’è da fare una gara. Questo è il classico esempio di come le riforme di Renzi vengono sbandierate come testimonianza della capacità di cambiare, ma in realtà mostrano spesso imperfezioni e gravi superficialità. Non basta cambiare, ma bisogna cambiare in meglio.

Quali potrebbero essere le conseguenze della riforma Boschi sui Comuni?
Al di là delle questioni ampiamente dibattute sul bicameralismo e su altre questioni note, c’è un pezzo della riforma che produce effetti molto negativi  sulle autonomie locali. La modifica dell’articolo 134 toglie ogni autonomia di spesa ai Comuni e introduce un neocentralismo che relega i sindaci al ruolo di sceriffi di Nottingham. Diventiamo esattori per conto di un potere centrale che ci priva di responsabilità e autonomia di spesa sul territorio.

Le riforme di Renzi stanno penalizzando tutti i primi cittadini, i sindaci del Pd condividono le sue critiche?
Ci sono sindaci schierati in maniera ideologica ma oltre a loro, molti sono disorientati e condividono questa mia impostazione. Tant’è vero che sempre più frequentemente, come hanno dimostrano le ultime elezioni amministrative, i sindaci uscenti hanno avuto difficoltà a essere riconfermati. Proprio per le obbiettive difficoltà a gestire le città che tendono a diventare più brutte e meno sicure a causa delle ridotte capacità di spesa.

Ma dai conti pubblici emerge che il debito dei Comuni si è ridotto…
Dal marzo 2015 al marzo 2016 il debito dei Comuni è diminuito di tre miliardi di euro. Ma nello stesso periodo lo Stato centrale lo ha aumentato  di cento miliardi. Ciò chiaramente dimostra che l’antica promessa di Renzi, di proporsi come sindaco d’Italia, si è persa per strada.

Con questa chiave di lettura il “no” alla riforma Renzi-Boschi è un passo obbligato…
Certamente e rappresenta una grandissima occasione  per il centrodestra. Vanno trovati motivazioni e uomini adeguati a costruire un’alternativa a un Renzi che non ha più la capacità di risultare credibile alla gente.

 

 

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