Gonzalo Higuain, tradimento? No, è solo voglia di vincere (video)

29 Lug 2016 14:48 - di Mattia Di Lorenzo

“Tradisco” ergo sum. Basta tuffarsi anche per un solo attimo nell’antichità classica per capire e scoprire come il tradimento sia uno dei motori della storia. Da Cassio e Bruto, che pugnalando Cesare per salvare la repubblica ne accelerano paradossalmete la fine, al greco Alcibiade, stretega ateniese che di Atene propiziò la caduta a vantaggio di Sparta sotto le cui insegne si era arruolato. Senza Giuda, del resto, non avremmo avuto la Passsione di Cristo e quindi la religione cristiana. Se questi sono i precedenti, non si capice per quale motivo debba fare eccezione il pianeta calcio, che anzi è proprio l’humus privilegiato per scoprire la funzione motrice esercitata dall’eterna pratica del voltafaccia. L’antologia dei cambi di casacca parte da lontano e, soprattutto, è ricca di nomi insospettabili. Già, chi ricorda più che persino Peppino Meazza, asso e bandiera della fu Ambrosiana Inter, finì nelle schiere degli odiati “cugini” rossoneri, segnando addirittura in un derby? Nessuno, forse. Eppure è stato probabilmente proprio il “tradimento” a spalancargli le porte della gloria imperitura: Se non avesse indossato le due maglie milanesi lo stadio di San Siro non porterebbe il suo nome. Nel ’42 tocca a Guglielmo Gabetto fare il passo che non si potrebbe: lasciare la Juve per il Torino, che anche grazie a lui diventa lo squadrone entrato tragicamente nel mito. C’era anche lui, infatti, in quella fatale sera del 4 maggio del ’49. In tempi più recenti fece scalpore il trasformismo di “Fenomeno” Ronaldo, capace di beffare in sequenza le tifoserie di Barcellona, Inter, Real Madrid e Milan, notoriamente poco propense a scambiarsi complimenti a fine partita. Insomma, il tanto vituperato (dai tifosi partenopei) Gonzalo Higuain è in grande e ottima compagnia. Il problema non è lui, ma il tifo napoletano, da sempre più politico che sportivo, tanto è vero che Napoli è l’unica metropoli ad avere una sola squadra di calcio. Anche questo spiega perché Core n’grato è una canzone sempre attuale. Lo imparò a sue spese Josè Altafini, che ai partenopei negò con un suo goal nello scontro diretto con la Juve la gioia dello scudetto. Una vendetta, la sua, contro la dirigenza azzurra che proprio ai bianconeri lo aveva ceduto pensando di rifilare un ferrovecchio. Ma il Pepita brucia assai perché di Napoli stava diventando il nuovo re. E Napoli, si sa, è sempre monarchica. Al San Paolo non si contano i vessilli borbonici al vento. Se ne sono detti preoccupati persino un paio di parlamentari. E Higuain che ti fa, si va a consegnare proprio ai “piemontesi” della Juve? Orrore. Ma è il calcio e i campioni hanno voglia di vincere e Huguain non fa eccezione. Ai napoletani, dunque, non resta che una duplice scelta: o il ricorso al malocchio o la corsa alla competitività. Se optano per la seconda un nuovo Maradona prima o poi all’orizzonte spunterà. Di seguito il video di Higuain mentre alza la maglia della Juve.

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