Fisco, Messi condannato a 21 mesi di carcere. Ma resterà a piede libero
«Firmavo contratti perchè mi fidavo di mio padre e mai pensavo che mi avrebbe ingannato»: così Lionel Messi ha risposto al giudice che lo ha sentito come testimone nel processo per frode fiscale a suo carico», si era difeso – accusando il padre – Lionel Messi davanti ai giudici che lo accusavano di frode fiscale.
La sentenza è arrivata inattesa e implacabile, ma dura fino al punto da non spalancare le porte del carcere al più forte giocatore del mondo. La Corte di Barcellona ha condannato Leo Messi e suo padre a 21 mesi di detenzione per evasione fiscale ma entrambi non andranno in carcere perché la pena inflitta è inferiore a due anni. La somma oggetto delle indagini dell’Erario spagnolo si aggirava intorno ai 4.1 milioni di euro tra 2007 e 2009, con un meccanismo che prevedeva di aggirare la tassazione sui proventi dei diritti di immagine del giocatore. «Lui e il padre sono profani in materia tributaria ma sono capaci di capire cosa significa pagare le tasse – aveva spiegato Mario Maza, rappresentante dell’Agenzia delle Entrate spagnola -. Lo capisce anche un bambino di dieci anni e questo Messi dovrebbe capirlo senza alcun problema». Contro la sentenza dell’Audiencia di Barcellona, Leo e il padre potranno presentare ricorso al “Tribunal Supremo”.
«La mia intenzione era quella di rendere la vita più facile a mio figlio, che doveva dedicarsi solo a giocare – aveva spiegato a sua volta Jorge Messi- Poi è arrivato il momento in cui abbiamo avuto bisogno di una consulenza legale e fiscale – ha aggiunto – ma non abbiamo mai cercato alcun trattamento fiscale favorevole, nè migliore nè peggiore. Leo non sapeva nulla di queste aziende e non ha mai letto i contratti». Dichiarazioni che non hanno evitato la condanna a lui e al figlio.