Daesh, la fine potrebbe essere vicina. Intanto a Falluja è «disastro umanitario»

16 Giu 2016 13:32 - di Bianca Conte

La distruzione di Daesh. La fine del Califfato. Il ritorno “a casa” dei  foreign fighters. Tra previsioni militari e auspici internazionali; tra paura quotidiana e dramma umanitario, il coordinatore europeo anti-terrorismo Gilles de Kerchove parlando alla sessione plenaria del Comitato delle Regioni Ue ha annunciato quanto ci si apsetta di sentir dire da tanto, troppo tempo: «Si prevede che entro un anno Daesh in Siria e Iraq sia del tutto distrutta grazie all’azione dell’Alleanza. I fighters europei torneranno nell’Unione: dobbiamo essere pronti a gestirli». Poi, entrando nel merito della questione, il coordinatore ha anche messo messo in guardia la platea a cui si stava rivolgendo rispetto all’operato di  organizzazioni come quelle salafite che tentano «di reclutare i profughi siriani disillusi».

L’allarme di una ong norvegese: «a Falluja è disastro umanitario»

Intanto, mentre si attende la fine delle ostilità sul campo e l’avvio di una definitiva strategia diplomatica internazionale realmente efficace, a  Falluja è «disastro umanitario»: così il Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc), impegnato nel dare soccorso alle popolazioni locali, ha descritto ad oggi la situazione delle migliaia di civili intrappolati a Falluja o che fuggono dalla città che le forze governative irachene stanno cercando di strappare all’Isis. Daesh incombe e terrorizza, semina panico e morte ovunque. «Non c’è assolutamente alcun passaggio sicuro per i civili che fuggono da Falluja – ha detto Jan Egeland, segretario generale dell’organizzazione – nessun posto sicuro dove la loro vita non sia in pericolo. Rischiano di vedersi sparare addosso, o di venire uccisi da ordigni lungo la strada, o di annegare mentre attraversano il fiume (Eufrate). Inoltre, quelli che riescono a fuggire scoprono che c’è ben poco che possiamo offrire loro. Stiamo esaurendo le scorte di cibo, acqua potabile e medicinali».

Un rapporto dell’Onu sul genocidio degli Yazidi

E parlando contro la razzia senza tetto né legge, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, che da anni l’auto-proclamato Stato islamico (Isis) continua a commettere, l’Onu si è soffermato in particolare sul genocidio perpetrato ai danni della comunità degli yazidi. Lo denuncia una Commissione d’inchiesta dell’Onu in un rapporto reso noto in queste ore a GinevraLa Commissione d’inchiesta dell’Onu sulla Siria chiede al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di deferire la situazione alla Corte penale internazionale o a un tribunale ad hoc. La richiesta rivolta alle parti impegnate nella lotta contro Daesh in Siria e in Iraq è «di prendere in seria considerazione piani di salvataggio degli yazidi». Oltre 3.200 donne e bambini sono in mano all’Isis, la maggior parte in Siria, dove le donne e le ragazze yazidi sono vittime di schiavitù sessuale e di torture. I ragazzi sono indottrinati e addestrati, mentre migliaia di uomini e ragazzi sono scomparsi, denuncia la Commissione, il cui lavoro documenta – dall’attacco dell’agosto del 2014 nella regione di Sinjar, nel nord dell’Iraq – atrocità «inimmaginabili» perpetrate contro la comunità religiosa degli yazidi in particolare, considerata infedele dall’Isis.

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