Scandalo petrolio: sostituirono addirittura le cozze usate per l’ambiente

1 Apr 2016 13:24 - di Gabriele Alberti

Cozze e petrolio, che c’entrano? C’entrano. A margine dello scandalo petroli, sulla nave “Firenze” dell’Eni, ormeggiata al largo di Brindisi, i tecnici dell’Ispra nel 2014 avevano installato gabbie con mitili (“come bio-indicatori”), per monitorare la qualità degli scarichi in mare: a causa del forte moto ondoso, i sacchetti con le cozze si sono rotti e alcuni dipendenti della compagnia petrolifera «omettono deliberatamente di avvertire l’Ispra dell’accaduto e sostituiscono le cozze con altri mitili da loro procurati, inficiando di fatto – scrive il gip di Potenza – l’efficacia del controllo ambientale». E’ uno dei passaggi contenuti nell’ordinanza che riguarda le attività dell’Eni, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Potenza sulle attività estrattive in Basilicata. Secondo il gip due dei dipendenti Eni (oggi agli arresti domiciliari) «sono apparsi ancora una volta soggetti portatori di una significativa attitudine a incidere illecitamente sulle situazioni attraverso meccanismi di alterazione», fino a spingersi «a situazioni artificiose destinate a ostacolare gli accertamenti».

I due dipendenti Eni, in alcune conversazioni telefoniche del 2014, ripercorrono l’accaduto, e in particolare la rottura dei contenitori: «Glielo diciamo a Ispra o no?», »No, io sono qua con loro ma non glielo dico… io mi sto zitto e basta», »Ce le rimettiamo…le compriamo e si rimettono», «Eh va beh, le cozze dove le andiamo a prendere uguali?». I mitili «dovrebbero essere successivamente e periodicamente utilizzati – precisa il gip di Potenza – al fine di rilevare un possibile inquinamento ambientale causato dalle acque reflue scaricate dalla motonave, poiché nei tessuti dei mitili si bio-accumulano gli inquinanti, come metalli e idrocarburi». La nave infatti veniva utilizzata per «la produzione petrolifera off-shore e durante il periodo temporale delle intercettazioni era al largo delle coste pugliesi».

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