Marò, Girone rischia di rimanere in India altri 4 anni. “Deve rientrare”

30 Mar 2016 10:38 - di Guglielmo Federici

I tempi si preannunciano tremendamente lunghi, un calvario. Considerato che il procedimento arbitrale sul caso marò «potrebbe durare almeno tre o quattro anni», Salvatore Girone rischia di rimanere «detenuto a Delhi, senza alcun capo d’accusa per un totale di sette-otto anni», determinando una «grave violazione dei suoi diritti umani». Per questo il nostro Fuciliere di Marina «deve essere autorizzato a tornare a casa fino alla decisione finale» dell’arbitrato. Sono le parole dell’ambasciatore Francesco Azzarello, agente del governo italiano, nell’udienza al Tribunale arbitrale che si è aperta  all’Aja.

«L’unica ragione per cui il sergente Girone non è autorizzato a lasciare l’India è perché rappresenta una garanzia che l’Italia lo farà tornare a Delhi per un eventuale futuro processo. Ma un essere umano non può essere usato come garanzia per la condotta di uno Stato», ha ribadito l’ambasciatore «L’Italia ha già preso, e intende ribadirlo nel modo più solenne, l’impegno di rispettare qualsiasi decisione di questo Tribunale», ha aggiunto Azzarello, compresa quella di «riportare Girone in India» nel caso in cui l’arbitrato dovesse riconoscere alla fine del procedimento la giurisdizione indiana.

Salvatore Girone «è costretto a vivere a migliaia di chilometri dalla sua famiglia, con due figli ancora piccoli, privato della sua libertà e dei suoi diritti. Il danno ai suoi diritti riguarda l’Italia, che subisce un pregiudizio grave e irreversibile dal protrarsi della sua detenzione, e dell’esercizio della giurisdizione su un organo dello Stato italiano». Lo ha ribadito davanti ai giudici del Tribunale arbitrale, l’ambasciatore Francesco Azzarello, ricordando che i marò – coinvolti nell’incidente dell’Enrica Lexie mentre erano in servizio antipirateria per conto dello Stato – godono dell’immunità. L’India tuttavia «non ha rispettato nemmeno il principio basilare del giusto processo» e cioè quello di «formulare un capo d’accusa».

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