Una Jena si aggira intorno ai Marò: l’ironia della “Stampa” fa indignare il web

31 Mar 2016 14:37 - di Luca Maurelli
I nostri marò, i nostri marò… Scusate, ma nostri di chi?“. Di ironie sul web sui due marò in questi mesi ne abbiamo lette tante, raramente rispettose, quasi sempre un po’ rozze e spesso politicamente intrise di rancori della sinistra anti-militarista che considera Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sicuramente colpevoli, a prescindere, pur in assenza di processo, per il solo fatto di indossare una divisa e di essere difesi da una parte del centrodestra italiano. Quando però sul livello “basso”, tanto per citare il raffinato Riccardo Pazzaglia, scende un giornalista bravo e dotato di una gran penna come Riccardo Barenghi, allora qualcosa non torna. Soprattutto se quella cattiveria gratuita, “sparata” con il consueto pseudonimo di Jena sulla prima pagina della “Stampa“, arriva nelle ore in cui l’Italia è impegnata in un duro scontro diplomatico con l’India in attesa di un verdetto del Tribunale internazionale dell’Aja.

Una Jena poco “ridens”

I nostri marò, i nostri marò… Scusate, ma nostri di chi?“, scrive Barenghi, ex direttore del Manifesto. Come a dire: chi se ne frega dei due marò, la battaglia dell’Italia per un loro giusto processo non è di tutti, la mobilitazione delle forze politiche, destra o sinistra che sia, non va fatta in my name. Perché a una parte dell’Italia, alla faccia dei suprusi giudiziari dell’India (basterebbe dire che da quattro anni i due fucilieri, colpevoli o innocenti che siano) sono in attesa di uno straccio di processo, non gliene fregherebbe niente dei marò. La Jena della Stampa non è l’unica che si aggira intorno al cadavere politico dei soldati, su cui il governo italiano finora si è mostrato impotente, eppure sulla rete, stavolta, sembrano tutti un po’ indignati. «Ma perché di Regeni ci frega qualcosa?», gli fa notare un lettore. La risposta è sì: di Regeni interessa a tutti, perché è morto e forse perché scriveva per il Manifesto. Oltre che essere italiano e vittima di una ingiustizia, come i “nostri marò”.
«A scanso dell’ironia, considerato che non erano in crociera premio ma inviati in missione dalla Repubblica Italiana per garantire il diritto di navigazione ed il libero commercio via mare direi “nostri” di ogni cittadino italiano», rincara la dose un altro. «Complimenti anche da quest’ironia da quatto soldi si capisce la disgregazione di uno Stato», è un altro dei commenti sulla bacheca del quotidiano torinese. Insomma, un plebiscito: la Jena stavolta non è “ridens”, anzi, forse non ci resta che piangere.

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