In un report l’allarme degli 007: Italia ad alto rischio terrorismo jihadista

2 Mar 2016 14:06 - di Bianca Conte

La minaccia del terrorismo jihadista incombe sull’Italia, «sempre più esposta». A lanciare l’allarme, anche se non sono emersi specifici riscontri su piani terroristici, è in particolar modo la relazione annuale dell’intelligence inviata al Parlamento, sottolineando come nella propaganda fondamentalista non siano mancati i riferimenti all’Italia come nemico da colpire per i suoi rapporti con Usa e Israele, e per il suo impegno contro il terrorismo. E in questo clima, allora, la maggiore esposizione al rischio emerge anche in relazione al Giubileo e alla possibile attivazione di nuove generazioni di aspiranti mujahidin che aderiscono alla campagna promossa dall’Isis.

Lupi solitari e foreign fighters, è allarme terrorismo jihadista

E come fin qui accaduto, in materia di propaganda terroristica, il web, abilmente strumentalizzato, funge da volano a reclutatori e militanti jihadisti, attivi in prima linea al fronte come alla tastiera. Ecco perché, in consoderazione di ciò, i servizi valutano «con estrema attenzione i crescenti segnali di consenso verso l’ideologia jihadista emersi nei circuiti radicali on-line, frequentati da soggetti residenti in Italia o italofoni: si tratta di individui anche molto giovani, generalmente privi di uno specifico background, permeabili ad opinioni “di cordata” o all’influenza di figure carismatiche, e resi più recettivi al “credo jihadista” da crisi identitarie, condizioni di emarginazione e visioni paranoiche delle regole sociali, talora frutto della frequentazione di ambienti della micro delinquenza, dello spaccio e delle carceri». Il fenomeno è confermato dalla diffusione di testi tradotti in italiano nei quali si esortano i “lupi solitari” a colpire. Accanto alle “giovani leve”, poi, non vanno dimenticati «i rischi derivanti dalla generazione di estremisti della «prima ora», già facenti parte di reti di supporto logistico/finanziario al jihad, smantellate tra i secondi anni ’90 e primi 2000, che – sfuggiti all’azione di contrasto, o tornati in libertà dopo un periodo di detenzione – potrebbero sentirsi nuovamente “chiamati alla causa” ed attivarsi direttamente o fornendo assistenza a emissari provenienti dall’estero». E non è ancora tutto: l’attenzione degli 007 si concentra anche sui «contesti parentali e amicali, all’interno dei quali sono tuttora mantenuti rapporti con estremisti espulsi dall’Italia o con foreign fighters intenzionati a reclutare nuovi adepti», così come agli ex combattenti libici giunti nel tempo in Italia anche per cure mediche, nonché agli «ambienti carcerari, ove i detenuti per reati comuni sembrerebbero i più vulnerabili a percorsi di radicalizzazione ideologico-religiosa». Vediamo allora, riassunto per punti, come gli 007 argomentano l’allarme derivato dalla incombente minaccia del terrorismo jihadista.

1) Il pericolo di infiltrazioni terroristiche tra i migranti sulla rotta balcanica. A detta degli 007, no ci sarebbero riscontri di infiltrazioni terroristiche nei flussi migratori dal Nordafrica, mentre il rischio «si presenta più concreto» lungo la rotta balcanica. Non solo: nella relazione annuale stilata dai servizi di intelligence viene evidenziato come la regione balcanica sia zona di transito privilegiato di foreign fighters (oltre 900 sono partiti da lì per i teatri di guerra), nonché area di «realtà oltranziste consolidate». «La massa di persone in movimento verso lo spazio comunitario – osserva il report – oltre a costituire un’emergenza di carattere umanitario, sanitario e di ordine pubblico, può presentare insidie sul piano della sicurezza». E l’attività d’intelligence si è focalizzata sulle possibili contaminazioni tra immigrazione clandestina e terrorismo, anche alla luce del fatto che «i contesti di crisi siriana, irachena, libica, subsahariana e del Corno d’Africa sono infiltrati in parte da espressioni terroristiche di matrice islamista che possono inquinare i canali dell’immigrazione e sottoporre alla radicalizzazione elementi poi destinati ad emigrare nei Paesi europei»

2) Alto rischio di nuove azioni in Europa: occhio a fighters e a integrati. Per gli 007 è da ritenere «elevato il rischio di nuove azioni in territorio europeo» da parte del terrorismo jihadista; potrebbero essere «attacchi eclatanti sullo stile di quelli di Parigi». Gli attentati del 13 novembre scorso, evidenzia la relazione, «ha verosimilmente inaugurato una strategia di attacco all’Occidente destinata a consolidarsi». I rischi arrivano sia da emissari dello Stato Islamico inviati ad hoc, inclusi foreign fighters addestrati in teatri di guerra, che da militanti già presenti e integrati-mimetizzati in Europa. Il report segnala peraltro «un inquietante salto di qualità strategico della sfida posta dal terrorismo internazionale»: a detta della nostra iontelligence, infatti, ad un arretramento sul piano militare del Califfato è corrisposta una «proiezione extraterritoriale» di tipo terroristico, come dimostrato proprio con gli attacchi di Parigi e come paventato in cosiderazione del rischio emulazione degli attentati francesi, portati avanti contro soft target, per i quali «è impensabile poter assicurare la protezione fisica».

3) La minaccia del terrorismo jihadista incrementata da una costante crescita di foreign fighters in Italia. Infine, rileva l’indagine dei nostri 007, il fenomeno dei foreign fighters in Italia, «inizialmente con numeri più contenuti rispetto alla media europea, è risultato in costante crescita». Particolarmente critico appare, secondo le analisi dell’intelligence, «l’auto-reclutamento di elementi giovanissimi, al termine di processi di radicalizzazione spesso consumati in tempi molto rapidi e ad insaputa della stessa cerchia familiare». Massima vigilanza operativa, pertanto, è stata riservata al possibile rientro in Italia di soggetti che hanno combattuto nei teatri di guerra, nonché dei cosiddetti “pendolari” in grado di muoversi liberamente nello spazio Schengen perché già residenti sul territorio italiano o i altri Paesi europei.

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