Houellebecq accusa Hollande: «Ha umiliato la polizia e aperto le frontiere»

19 Nov 2015 9:46 - di Antonio Marras

«All’indomani degli attentati del 7 gennaio, ho passato due giorni incollato ai notiziari televisivi, senza riuscire a staccare lo sguardo. All’indomani degli attentati del 13 novembre, non credo nemmeno di aver acceso la televisione. Mi sono limitato a chiamare amici e conoscenti che abitano nei quartieri colpiti (e si tratta di parecchie persone). Ci si abitua, anche agli attentati». Lo racconta lo scrittore Michelle Houellebecq, in un contributo pubblicato dal Corrriere della Sera. «La Francia resisterà – sottolinea lo scrittore francese -. I francesi sapranno resistere, anche senza sbandierare un eroismo eccezionale, senza aver nemmeno bisogno di uno “scatto” collettivo di orgoglio nazionale. Resisteranno perché non si può fare altrimenti, e perché ci si abitua a tutto. E nessuna emozione umana, nemmeno la paura, è forte come l’abitudine».

Houellebecq e le colpe del presidente Hollande

«La situazione incresciosa nella quale ci ritroviamo – denuncia quindi Houellebecq – è da attribuire a precise responsabilità politiche che prima o poi dovranno essere passate al vaglio. È assai improbabile che l’insignificante opportunista che occupa la poltrona di capo di Stato, come pure il ritardato congenito che svolge le funzioni di primo ministro, per non parlare poi dei “tenori dell’opposizione”, escano con onore da questo riesame». Lo scrittore definisce il primo ministro Valls “un ritardato congenito”. «Chi è stato – chiede – a decretare i tagli nelle forze di polizia, fino a ridurle all’esasperazione? Chi ci ha inculcato, per tanti anni, che le frontiere sono un’assurdità antiquata, simbolo di un nazionalismo superato e nauseabondo?, quali leader politici hanno invischiato la Francia in operazioni assurde e costose, il cui principale risultato è stato quello di far sprofondare nel caos prima l’Iraq, poi la Libia? E quali governanti erano pronti, fino a poco tempo fa, a fare la stessa cosa in Siria?». «Il discredito che oggi colpisce in Francia l’insieme della classe politica – conclude – è non solo dilagante, ma anche legittimo. E mi sembra che l’unica soluzione che ci resta sarebbe quella di dirigersi lentamente verso l’unica forma di democrazia reale, la democrazia diretta».

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