Promotore finanziario prende 9 milioni dei clienti, se li gioca, e perde tutto

14 Set 2015 12:00 - di Martino Della Costa

Promotore finanziario col vizio del gioco: le agenzie battono questa notizia e fin qui, verrebbe da dire, non ci sarebbe nulla di particolarmente rilevante; se non fosse che l’uomo, un sessantunenne amante del tavolo verde, ha gicoato – e perso – tutti i risparmi degli investitori suoi clienti: : ben 9 milioni e 400 mila euro che ha letteralmente bruciato, oltre che in una casa da gioco, in viaggi, auto di lusso e bella vita.

Promotore finanziario col vizio del gioco

A marzo l’uomo si era presentato in lacrime in caserma, confessando tutto. E da là è partita l’inchiesta che porterà al rinvio a giudizio: gli accertamenti della Guardia di Finanza di Forlì, diretti dal pm Filippo Santangelo, si sono conclusi con l’avviso di fine indagini. Il promotore finanziario, S.V., originario dell’Aretino ma residente nel Forlivese, aveva ingannato i clienti producendo la documentazione attestante gli investimenti, falsificando i loghi di note società finanziarie, che inviava per posta ai clienti. Alla fine, però, tradito dai sensi di colpa, aveva poi spiegato ai finanzieri – di rientro dall’ennesima “notte brava” al casinò – di non voler più tornare a casa, per paura e vergogna, chiedendo di poter restare in caserma prima di commettere un gesto estremo. E chissà, un po’ i rimorsi, un po’ il terrore di ritorsione, fatto sta che il promotore finanziario si era ridotto in condizioni psicologiche precarie tanto che, in piena confessione, le Fiamme gialle si sono viste costrette a richiedere l’intervento del 118. Ripercorrere le tappe della frode e spiegarne il perché lo ha fatto crollare: anche perché, fino a quel momento, la sua ludopatia è stata tenuta dall’uomo gelosamente segreta, tanto che persino la moglie ne era del tutto all’oscuro. La donna, infatti, è stata avvisata della patologia del marito da una telefonata fatta dal promotore finanziario alla presenza dei finanzieri, dunque solo al momento della confessione e dell’auto-denuncia.

I trucchi per nascondere la verità

L’uomo, infatti, era stato ingegnoso e scaltro fin al momento prima di recarsi in caserma. Per carpire la fiducia degli investitori e non destare sospetti, per esempio, il promotore finanziario – che aveva intascato milioni di euro tra denaro contante, assegni e bonifici – si recava periodicamente a Milano, dove hanno sede banche e società di investimento con cui risultavano sottoscritti i falsi investimenti, appositamente per spedire le rendicontazioni periodiche e rassicurare così anche i clienti più diffidenti. E infatti, solo i primi “fortunati” investitori sono riusciti a riottenere capitale e interessi maturati, che il promotore riconosceva anche al 20% delle somme investite per alimentare la sua “fama” e poter così contare sul passaparola. Ad oggi, dunque, sono 70 le persone truffate, tra cui imprenditori, notai, commercialisti, avvocati e gente comune. Tra i casi più eclatanti, quello di una pensionata di 71 anni dell’Aretino, il cui cui marito era stato insegnante proprio di S.V. ai tempi delle scuole superiori, e che negli anni aveva affidato al promotore circa 730.000 euro. Ma non è tutto, purtoppo: la febbre del gioco che ha contagiato il promotore finanziario ha distrutto anche i suoi familiari più stretti; il cognato ha visto svanire nel nulla 600.000 euro che gli aveva affidato per investirli a nome delle figlie, nipoti del professionista. A chi chiedeva la restituzione delle somme quando ormai era troppo tardi, l’uomo con freddezza chiedeva tempo adducendo difficoltà a svincolare fantomatici titoli obbligazionari o pacchetti di investimento vincolati a scadenze future. Per raggirare la normativa antiriciclaggio, poi, l’ingegnoso promotore finanziario, giocatore incallito, aveva escogitato un sistema che gli consentiva di utilizzare i titoli raccolti dagli investitori direttamente nella casa da gioco. Dal 2011 richiedeva ai risparmiatori l’emissione di assegni circolari intestati a due sigle societarie che sono risultate riconducibili al Casinò da lui assiduamente frequentato. Gli ignari investitori accettavano di intestare i propri assegni ad acronimi che, ironia della sorte, se digitati sui motori di ricerca riconducevano a società finanziarie, tanto da rassicurare ulteriormente i risparmiatori. In realtà quegli acronimi erano le iniziali della casa da gioco dove il professionista sperperava i titoli. In altri casi ancora il promotore chiedeva di intestare gli assegni a persone fisiche che sono risultati essere dipendenti del Casinò stesso. Tutto pur di nascondere una verità indigesta, arrivata alle sue vittime come un pugno nello stomaco, che richiederà ancora molto tempo per essere metabolizzata…

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