Mercati in tilt per la svalutazione dello yuan decisa dalla Cina
L’economia cinese frena, i flussi di capitali se ne vanno e Pechino, pur rischiando l’avvio di una nuova guerra delle valute, cerca di correre ai ripari svalutando la moneta e allentandone l’aggancio con il dollaro in ascesa. Dopo la debacle sui mercati azionari cinesi di luglio, fermata a stento e alla prese con una massiccia fuga di capitali, la banca centrale ha quindi sorpreso il mercato decidendo la maggiore svalutazione degli ultimi vent’anni seppure contenuta in termini assoluti (-1,9% a 6,2298) e dopo aver nei giorni scorsi consumato parte delle riserve per tenerne fermo il livello. Pechino ha infatti due obiettivi per il cambio a volte confliggenti: favorire le esportazioni ma frenare anche il deflusso di capitali. Non a caso la mossa è stata subito definita ‘una tantum’ ma la stessa Banca ha detto che d’ora in avanti il cambio (fissato con rigidità ancorandolo al dollaro con solo un’oscillazione del 2%) terrà più conto dei meccanismi di mercato aprendo quindi la strada a un ulteriore deprezzamento.
La Cina è un paese in cui l’economia sta rallentando
Il paese asiatico infatti sta decisamente rallentando. Non solo il dato sul Pil cresciuto del 7% nel trimestre e le esportazioni in rallentamento ma anche tutta una serie di indicatori sui consumi, immatricolazioni, investimenti e import mostra l’affanno cinese. Una situazione che la banca centrale ha provato a invertire pompando denaro e tagliando i tassi abbassando però così il ritorno sugli asset in yuan e favorendo una fuga di capitali che il prossimo rialzo dei tassi della Fed Usa avrebbe solo intensificato. La soluzione poteva essere una svalutazione ancora più massiccia del cambio ma questo avrebbe significato il fallimento di molte aziende locali con debito in dollari come le compagnie aeree o telefoniche e disfare il lavoro politico per uno yuan ‘alternativo’ al dollaro ed euro sui mercati mondiali e si è scelta quindi una strada più graduale. La mossa inoltre rischia di far scattare una ‘guerra di valute’ fino a ora limitata a una guerriglia che ha visto scendere anche le monete di Australia, Sud Corea e Singapore.
Fmi d’accordo con la svalutazione
L’Fmi accoglie invece con favore la scelta della Banca Centrale cinese di determinare il tasso di cambio con un nuovo “meccanismo” che permetterà al mercato “un ruolo maggiore”. Secondo l’Fmi una maggiore flessibilità nei tassi consentirà a Pechino una rapida “integrazione nei mercati finanziari globali”.
La reazione di Piazza Affari
Scivola oggi Piazza Affari assieme alle borse europee sui timori legati alla situazione della Cina. Il Ftse Mib perde il 2,5%. Sotto pressione i titoli legati all’economia cinese come quelli del lusso e le auto. Yoox cede il 4%, Fca il 3,81%, Luxottica il 3,6% e Moncler il 3,6%.
Bini Smaghi: una mossa sbagliata
In un’intervista a Repubblica l’economista Lorenzo Bini Smaghi, ex membro della Bce, formula un giudizio critico sulla mossa cinese: “La banca centrale cinese tenta di risolvere con una misura monetaria una questione economica che si sta facendo pesante, il marcato rallentamento del Paese, ma come in tutte le battaglie della guerra delle valute le incognite superano ampiamente i vantaggi. E infatti si è vista la reazione dei mercati di tutto il mondo”.