Scuola verso la fiducia. Fratelli d’Italia e grillini contro lo scempio di Renzi

8 Lug 2015 17:08 - di Redazione

Il varo della riforma della scuola, previsto per giovedì con il voto di fiducia, non metterà la parola fine alle polemiche e alle proteste del mondo dell’istruzione, che in queste settimane si è mobilitato in tutta Italia contro lo «scempio» voluto da Matteo Renzi. Che tradotto significa: scuola-azienda, preside-sceriffo, discrezionalità e licenziamenti.

La protesta contro la cattiva scuola

Mentre proseguono nell’Aula di Montecitorio le votazioni sugli emendamenti, fuori del Palazzo si scatena la piazza: professori, precari, giovani supplenti insieme ai sindacati. Alla mobilitazione prende parte anche Fratelli d’Italia in prima linea contro la riforma di Renzi «che licenzia i più capaci, penalizza i neo assunti e crea una vera e propria macelleria sociale». La seduta parlamentare si svolge in un clima da ultima spiagga con i deputati dell’opposizione, M5S e Sel, che intervengono a raffica iscrivendosi a parlare a titolo personale per cercare di rallentare le votazioni.

Rampelli contro la chiamata diretta

È un no secco quello pronunciato dal capogruppo di FdI, Fabio Rampelli, che nei giorni scorsi aveva denunciato la prospettiva  del più grande licenziamento di massa della storia repubblicana, circa ottantamila persone. «La chiamata diretta apre al meccanismo clientelare e al nepotismo. La maggioranza ha cercato di migliorare il testo ma non lo ha risolto, anzi lo ha peggiorato – ha dichiarato Rampelli in aula – ora rischiamo di lasciare i dirigenti scolastici del profondo Sud, quelli che esercitano faticosamente il loro ruolo per 2500 euro al mese, nelle mani della criminalità organizzata, esponendoli a incontenibili pressioni affinché siano scelti dall’albo territoriale amici e parenti di personaggi influenti. Il compito del legislatore doveva essere quello di difendere i dirigenti scolastici da poteri economici e criminali. Renzi invece glieli svende».

Meloni: sì al referendum

«Fratelli d’Italia porterà avanti in Aula la battaglia contro questa presunta riforma della scuola, che in realtà sottrae risorse e porta il clientelismo all’interno della scuola pubblica. Una riforma vergognosa, contro la quale siamo anche disposti a sostenere il referendum per l’abrogazione della norma», ha dichiarato Giorgia Meloni alla vigilia del voto di fiducia. Anche Forza Italia si schiera contro la riforma, ma con toni più soft e interlocutori. «Ci sono delle criticità come le deleghe in bianco al governo su temi sensibili, tra i quali la riforma del ciclo 0-6 anni che dovrebbe essere il Parlamento a scrivere. Ed è chiaro che questo ci porta a dire no al testo», spiega la deputata azzurra Elena Centemero. Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, in balia del sottosegretario, taglia corto dicendo: non facciamo le riforme per placare le opposizioni.

Il no dei grillini

«Veniamo accusati da esponenti del Pd di difendere lo status quo, ma la verità è che, al contrario di quello che fa il partito di Renzi, vogliamo solo proteggere i principi costituzionali sui quali fino a oggi si è retta la scuola pubblica statale. Quella stessa scuola che vogliono difendere docenti e studenti che in questi mesi sono scesi in piazza», è la parola d’ordine dei parlamentari pentastellati. Il ddl istruzione è indifendibile e nemmeno «le balle del Pd possono cambiare la realtà dei numeri e del caos che avremo a settembre».

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