Poche donne elette: altro fallimento della parità di genere per legge
L’indagine dell’Istituto Cattaneo: «Solo in Toscana un’effettiva alternanza tra uomo e donna». Il flop è servito. Peccato. Perché la Campania ci aveva creduto davvero. E, sulla formula della doppia preferenza di genere, aveva persino fatto da apripista in occasione delle elezioni regionali del 2010. Ma, come rivela il verdetto delle urne appena chiuse, stavolta il modello ha fatto cilecca.
Doppia preferenza, ma la parità di genere resta sulla scheda
In quasi tutte le regioni che ave vano votato tra il 2013 e il 2014, il tasso di preferenza mostrava una diminuzione. Le regioni che hanno votato domenica scorsa confermano, alla fine dei giochi, lo stesso trend. E così nelle Marche il tasso cala di più di 4 punti, più o meno come in Liguria, mentre in Veneto il calo è di più di 5 punti. Un calo significativo si registra infine in Campania (dove diminuisce di 8 punti). In Umbria il tasso di preferenza era diminuito di quasi un punto tra il 2005 e il 2010.
Le preferenze aiutano il Pd, ossia il partito più radicato
E così quasi ovunque il Partito democratico è la forza politica il cui elettorato ricorre con maggiore frequenza al voto di preferenza, segno del suo “radicamento” territoriale. Al contrario, l’elettorato del Movimento 5 stelle è quello che si è mostrato meno propenso a fare ricorso alle preferenze, segno chela sua forza è maggiormente caratterizzata da un voto “di opinione” (legato ai suoi programmi o alla protesta nei confronti del “sistema”) che non ai vari candidati locali, considerati semplici “portavoce” del programma. Allo stesso modo, laddove si espande il consenso a favore della Lega Nord, osserviamo anche una diminuzione significativa del tasso di preferenza. Adottato da Campania, Toscana e Umbria, mentre le altre regioni chiamate al voto (Liguria, Veneto, Marche e Puglia) hanno previsto la possibilità di un unico voto preferenziale.
Parità di genere imposta per legge: ennesimo flop
Ma – conclude l’indagine riportata da “Il Mattino” – in sei delle sette regioni che hanno rinnovato il proprio governatore o sindaco (con l’eccezione della Liguria) è stata introdotta l’alternanza di genere o il rispetto di quote specifiche. Certo, l’area di centrosinistra rivela indici maggiori rispetto a quelli del centrodestra. Anche se, a voler tirare le somme, il quadro complessivo che emerge da questa analisi segnala comunque come i “signori delle preferenze” godano di un vantaggio competitivo rispetto alle “signore delle preferenze”, le quali dovranno purtroppo ancora faticare un bei po’, anche nell’arena intra-partitica, per conquistare una effettiva parità di ge nere.