Ecco la prova definitiva: Marino sapeva un anno prima di Mafia Capitale

15 Giu 2015 7:45 - di Redazione

Nel gennaio 2014, quasi un anno prima dello scoppio di Mafia Capitale, gli ispettori del Mef — Ministero dell’Economia delle Finanze — avevano scritto di «rinnovi taciti dei contratti» che invece andavano rivisti e di ancor più consistenti appalti assegnati alla Eriches 29, una delle cooperative al centro della bufera di Mafia Capitale. Lo si legge su “Il Corriere della Sera”

Mafia Capitale: il Campidoglio ignorò l’allarme del MEF sugli appalti

Proprio riguardo le coop riconducibili a Buzzi, si scriveva che «Sono estensibili le medesime censure relative alle modalità di affidamento del servizio ed al ricorso sistematico all’istituto della proroga contrattuale». Buzzi aveva subito attivato le contromisure, tentando di far desistere gli altri concorrenti: «Noi abbiamo parlato… se vanno deserte, cioè con un’unica sola risposta, è come se fosse stata fatta la gara, e il Mef te lo levi dai coglioni», spiegava al suo collega de La Cascina. Il Comune di Roma, invece, non si mosse con altrettanta solerzia per risolvere la questione.

In quasi mille pagine l’analisi della commissione prefettizia su Mafia Capitale

È ciò che ha contestato al sindaco Ignazio Marino la commissione prefettizia incaricata di verificare la possibilità dello scioglimento per mafia, durante l’audizione avvenuta nelle scorse settimane. Il primo cittadino s’è difeso, ma giustificazioni a parte, è molto probabile che le mancate conseguenze dell’allarme lanciato dagli ispettori del Mef costituisca uno dei punti salienti delle quasi mille pagine di relazione che la commissione — composta dal prefetto Marilisa Magno, dal viceprefetto Enza Caporale e dal dirigente del Mef Massimiliano Bardani — consegnerà tra oggi e domani al prefetto di Roma Franco Gabrielli.

Per l’ex Prefetto di Roma ci sono gli estremi dello scioglimento per mafia

Che quando è arrivato, due mesi fa, ha trovato il gruppo già al lavoro, insediato a dicembre 2014 dal suo predecessore Giuseppe Pecoraro. Il quale nei giorni scorsi s’è lasciato andare a pubbliche dichiarazioni che hanno suscitato qualche sconcerto: «Gli estremi per lo scioglimento del Comune di Roma per mafia c’erano a dicembre e ci sono ancora». A Gabrielli i commissari presenteranno un quadro che già appariva compromesso prima della seconda ondata di arresti, e ora sembra essersi ulteriormente complicato. Lasciando però aperti spazi di valutazione a favore o contro le due opzioni (scioglimento oppure no) che andranno riempiti prima da Gabrielli e poi dal ministro dell’Interno. Tutto ruota intomo al condizionamento che la presunta associazione mafiosa (confermata come tale dalla corte di Cassazione, che ha appena depositato motivazioni piuttosto solide a sostegno della tesi dell’accusa) ha esercitato e potrebbe continuare a esercitare sull’amministrazione comunale.

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