Tutti nel partito repubblicano del Cav? Ecco chi dice sì e chi dice no
Se sarà o no partito repubblicano, con Salvini o senza, con Berlusconi ancora alla guida, lo si vedrà a giugno, dopo il risultato delle regionali. Se l’esito delle urne vedrà fortemente rafforzate le strategie di Renzi, bisognerà contrattare con Angelino Alfano una linea politica che non può più vedere Area popolare subalterna al Pd renziano. Se Salvini dovesse essere l’unico a portare a casa un risultato da festeggiare, diventerebbe lui l’interlocutore privilegiato per la rifondazione del centrodestra.
Un partito repubblicano modello Usa
Silvio Berlusconi non ignora questi problemi, ma ha lanciato segnali che fanno capire che non intende uscire di scena: gli appuntamenti elettorali delle prossime settimane (a cominciare da Genova) significano che in politica Berlusconi continua ad essere presente al di là e oltre una Forza Italia sfilacciata e tutta da ridisegnare. E, con l’Italicum alle porte, è di nuovo a un rassemblement dei moderati in funzione anti-sinistra che bisogna pensare. Una formazione repubblicana sul modello Usa che pensi però in chiave di destra di governo e non di destra populista. Di qui le perplessità di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni.
Le perplessità del politologo Ignazi
Perplesso è anche il politologo Piero Ignazi, per il quale “Berlusconi non ha alcuna possibilità di riprendere la leadership perduta” e dunque il suo progetto di rifondazione del centrodestra è già fallito in partenza. Ma soprattutto, secondo Ignazi, la destra deve stabilire una sua fisionomia identitaria precisa, e non più costruita, come è avvenuto fino a ieri, attorno ad un leader carismatico. Dubbioso anche Raffaele Fitto: “Segnalo che nel partito repubblicano americano ci sono le primarie e la leadership è contendibile e non sono due dettagli”.
De Girolamo: proviamo a costruire, non a demolire
Interessata al Partito repubblicano sul modello americano è invece Nunzia De Girolamo (Ncd-Ap): “Il fatto che né Salvini, né la Meloni siano disponibili, non deve frenarci dal provare una volta tanto a costruire e non a demolire. Considero questa ipotesi una seria idea di lavoro e invito tutti coloro che credono ancora nell’unità del centrodestra, come continuo a crederci io, a non fare esercizi di pretattica ma a valutare ciò che ci unisce prima di ciò che ci divide”.
Storace non ci sta: Berlusconi come Alberto Sordi
“La pretesa di Berlusconi di ingoiare tutti gli ‘antisinistri’ in un contenitore – afferma Storace – il Partito Repubblicano, di cui lui decida forme, contenuti e sostanza richiama più Alberto Sordi che Barack Obama“.