Ha la sclerosi sistemica progressiva. E Marino gli nega il parcheggio invalidi

6 Mag 2015 14:26 - di Franco Bianchini

La notizia sta facendo il giro del web. Ed è l’incredibile vicenda che riguarda un uomo, Alessandro Pezzoli, affetto da Sclerosi Sistemica Progressiva. Ha 46 anni, è in terapia da 16. Fa fatica a percorrere a piedi i tragitti di strada lunghi, perché gli causano un grave affaticamento respiratorio e articolare. Di conseguenza è costretto a spostarsi in auto per recarsi nei presìdi ospedalieri pubblici. La motivazione è la terapia di contenimento del male “sistemico” che negli anni ha messo a durissima prova la sua vita familiare di marito e padre, quella lavorativa e quella sociale.

La terapia della sclerosi sistemica e le difficoltà di Alessandro

La sua terapia dura otto ore al giorno per 5 giorni. Si tratta di una terapia altamente invasiva e debilitante, il farmaco è somministrabile esclusivamente in struttura ospedaliera e sotto vigilanza del personale. Alessandro è inoltre affetto da cardiopatia ischemica cronica, insufficienza ventilatoria, obesità e diabete. È in trattamento con ossigenoterapia a domicilio, deambula solo con un ausilio e si sottopone a cicli di trattamenti per la terapia del dolore.

La notizia è stata diffusa da Sclerosisitemica.info, a firma di Manuela Aloise, nonché dalla pagina fb del Network tricolore e Essendo in possesso del riconoscimento di invalidità, ha richiesto alla Commissione competente del Municipio II di Roma la concessione a titolo gratuito di uno spazio sosta personalizzato. La commissione delibera in prima e seconda istanza (10 giugno 2014 e 7 aprile 2015) che in merito alla richiesta del cittadino la commissione ha espresso parere contrario. La motivazione? «Non rientra nei requisiti previsti dalla delibera del C.C. n. 47/09 -art. 11 bis».

È evidente che una tale restrizione alla concessione del parcheggio invalidi costringe Alessandro, già fortemente limitato da una situazione oggettiva, ad un esilio coatto. Senza poter parcheggiare la sua auto vicino a casa non solo gli viene negato il diritto di uscire per accedere alle cure mediche salvavita, ma anche quello di assolvere alle piccole funzioni delle comuni relazioni sociali di ogni individuo.

 

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