Rosi Mauro scagionata: la pasionaria leghista da donna-scandalo a vittima

19 Dic 2014 17:00 - di Antonella Ambrosioni

«Hanno cercato un capro espiatorio», si era difesa nel’aprile del 2012 Rosi Mauro, l’ex senatrice leghista diventata il simbolo dello scandalo che colpì il Carroccio. Ora il gip di Milano Carlo Ottone De Marchi le dà ragione. È stata infatti archiviata la posizione dell’ex vicepresidente del senato nell’ambito del procedimento con al centro le presunte irregolarità nella gestione dei fondi della Lega Nord che vede tra gli imputati Umberto Bossi e i figli Renzo e Riccardo. Rosi Mauro era stata accusata di essersi appropriata indebitamente di quasi 100mila euro.

Estranea alle accuse

«Sono soddisfatto perché la mia assistita era completamente estranea alle accuse – ha spiegato il difensore dell’ex senatrice, l’avvocato Pier Paolo Caso – e l’archiviazione riabilita definitivamente la sua immagine». Rosi Mauro, accusata dall’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito, era stata espulsa dal partito  nonostante si fosse sempre dichiarata innocente. Era diventa l’impresentabile per eccellenza, il volto oscuro della Lega che crolla sotto i colpi di Roma ladrona, capro espiatorio dei mali che avevano sconquassato il Carroccio. La macchina del fango sie era subito attivata, capelli neri, carattere ruvido, donna del Sud, la “Nera”, la “Strega”, la “Terrona”, la “Pasionaria”, la “Badante” costituivano l’antologia di soprannomi che le furono affibbiati.

Usata cone un «pretesto»

Si ipotizzò che coi denari di via Bellerio la Mauro avesse pagato anche una laurea per sé e per il caposcorta Pier Moscagiuro, il presunto «amante cantautore». Lei si è difesa con le carte: ha giustificato i fondi al Sindacato Padano, un’auto venduta alla Lega e altre spese. Per la Procura, si legge nella richiesta di archiviazione depositata nel giugno scorso da Robledo e dai pm Paolo Filippini e Roberto Pellicano, «non è irragionevole ritenere» che Belsito «abbia utilizzato» l’ex vicepresidente del Senato e il suo bodyguard Pierangelo Moscagiuro, «come pretesti per prelevare denaro per se stesso». 

 

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