Il centrodestra abbatte il suo Muro. Il day after della kermesse di Milano

10 Nov 2014 15:38 - di Girolamo Fragalà

Il Muro che si è creato nel centrodestra – fra incomprensioni, addii, strade che non si incrociano e un diverso modo di interpretare la stagione di Renzi – è stato il filo conduttore delle analisi sulla kermesse promossa dalla Fondazione Alleanza Nazionale a Milano. Una kermesse che, secondo i quotidiani – dal Giornale a Libero fino al Corriere della Sera – si è posta sin dall’inizio di dare la prima picconata a quel Muro. E la picconata c’è stata, perché ora è impossibile aggirare il confronto.

Le valutazioni

Non a caso Raffaele Fitto, come riportato ampiamente da tutti i quotidiani, proprio da Milano ha posto un punto fermo sulla elegge elettorale: Serve un momento di confronto all’interno del partito, insieme a Silvio Berlusconi. Forza Italia ha il dovere e il diritto di aprire una discussione all’interno per valutare verso quale ipotesi stiamo andando. È necessario avere un luogo e il tempo di discutere bene su scelte chiare e non su indiscrezioni». E questo passaggio è importante perché è da troppo tempo che le scelte del centrodestra vengono fuori dopo una valanga di voci, conferme e smentite. Fondamentale è quindi mettere uno stop e chiarirsi con un faccia a faccia. La chiarezza dev’essere però complessiva perché – ed è un altro elemento sottolineato dai giornali – non si può giocare con gli equivoci. E su questo molto risalto ha avuto la dichiarazione di Ignazio La Russa sul partito di Alfano: «Se il nuovo centrodestra va a sinistra, almeno cambi il nome, basta con le ipocrisie. Si sbrighino a lasciare Renzi».

Ci sono molti nodi da sciogliere

Il problema di fondo, come evidenziato da Gianni Alemanno, è che «un centrodestra che vale il 20% non serve a nessuno». Come cambiare? Quale passo occorre fare? E qui c’è l’altro argomento trattato dai media, specie nei Tg: le primarie. Cresce la richiesta di far scegliere al popolo del centrodestra il leader, solo così possono emergere personaggi nuovi». C’è anche una questione di immagini. Come sottolinea il Giornale, i simboli hanno la loro forza e il 9 novembre 1989 è un giorno che ha fatto la storia. I festeggiamenti della fine del comunismo sono partiti politicamente nella piazza coperta scelta dalla Fondazione An come luogo d’incontro di coloro che un tempo erano il centrodestra e adesso sono più o meno dispersi, almeno in Parlamento. «Da quando siamo divisi non tocchiamo più palla in questo Paese. Mettiamo l’accento su ciò che unisce invece che su ciò che ci divide», ha detto Giovanni Toti. Che poi, in un’intervista al Corriere della Sera, si sofferma sul patto del Nazareno, altro elemento di criticità: «Si va avanti in un percorso di riforme solo se i contraenti sono d’accordo». L’importante è che siano valutate le esigenze degli alleati. Adesso, si legge su Libero, l’obiettivo è dar vita a un nuovo centrodestra «più equilibrato e competitivo», che possa rappresentare una valida alternativa al renzismo. Un passo avanti, grazie alla kermesse di Milano, è stato fatto. Resta il coraggio di perseverare.

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