Intervista al FT, Renzi fa la vittima: contro di me le trame delle lobby
Dopo i dati economici negativi che hanno appannato non poco la sua immagine e dopo le numerose critiche ricevute anche dal mondo della sinistra per una riforma del Senato che non ha convinto tutto il paese, Matteo Renzi passa al contrattacco e sceglie la strategia del vittimismo. Se agli scout aveva parlato da rottamatore (“anche io sono in scadenza”) tenendo conto di un pubblico giovanile, se nell’intervista alla Stampa aveva tuonato contro le classi dirigenti che non esistono, al Financial Times si presenta come una sorta di Davide solitario contro un Golia potentissimo che gli impedirebbe di riformare il Paese. Ecco le sue parole: “Roma è una città piena di lobbisti. L’Italia è abituata a un capitalismo di relazione. Io non sono parte di quel sistema che ha distrutto questo Paese. Io sono solo, con il 40% di italiani che hanno votato per me, con gli 11 milioni di italiani che hanno votato per il mio partito, e solo con questi e con la mia squadra, questo Paese cambierà”. Ci tiene, però, a far vedere che possiede ancora un piglio decisionista: “Quando parlo al telefono con il Senato, con le autorità fiscali, con quelle giudiziarie e gli chiedo di andare più veloci” con le riforme, “loro mi rispondono: ‘Nessuno in Italia è mai andato così veloce’. Poi vado dagli investitori stranieri e mi chiedono di andare ancora più veloce”. “Neanche i dittatori – conclude – sono riusciti a fare le cose così velocemente”. E sui futuri tagli alla spesa, afferma che sarà lui a decidere, e non un “tecnocrate” (cioè mister Forbici Cottarelli), così come sarà lui a decidere le riforme da fare senza accettare imposizioni da Bruxelles.
Ma al di là della sicurezza con cui il premier continua a fare promesse, sappiamo che le sue carte sulle misure choc per rimettere in sesto un’Italia in recessione Renzi le scoprirà solo nel prossimo consiglio dei ministri del 29 agosto. E nell’intervista, tra l’altro, non ha accennato al bonus Irpef da 80 euro varato senza copertura. L’errore principale commesso in cinque mesi, ma “utile” per potergli assicurare il 40% dei consensi di cui si fa scudo dinanzi alle crescenti perplessità internazionali.