Meriam è in Italia, Renzi si prende i meriti e fa passerella. Tornano tutti, tranne i due marò italiani

24 Lug 2014 19:00 - di Luca Maurelli

Tornano tutti: i bambini congolesi da adottare, i dissidenti politici a cui concediamo asilo, le mogli di ricercati internazionali e anche le donne perseguitate dai regimi musulmani, come Meriam, da un paio d’ore sul suolo italiano. Una buona notizia, peccato che in Italia arrivino o tornino solo gli stranieri, un po’ meno gli italiani in ostaggio all’estero. Come i due marò, ormai scomparsi dagli orizzonti politici del ministro Mogherini, che aveva promesso sviluppi imminenti nel dossier “India” solo un paio di mesi fa, quando arrivò alla Farnesina con l’aria di chi avrebbe rimesso in riga un club vacanze dedito al cazzeggio internazionale. Da noi arrivano a migliaia anche gli immigrati, molti si perdono nell’acqua, in tanti invece ce la fanno a toccare le nostre coste ma non trovano nessuno a festeggiarli, solo l’indifferenza della Ue, dell’Onu e gli allarmismi del ministro Alfano, visto che Renzi, a Lampedusa, con la moglie, non ci va neanche in vacanza.

Meriam, la giovane cristiana sudanese di 26 anni condannata a morte, all’ottavo mese di gravidanza, per apostasia, è dunque atterrata stamattina a Roma in un clima di onori e autocelebrazioni eccessive, quasi irritanti. È il classico evento politicamente corretto in grado di far dimenticare l’assoluta assenza della nostra politica estera sugli scenari più complessi, dall’Ucraina al Medio Oriente, fino alla solita India. Miriam salva-tutti, con il marito e i due figli – tra cui Maya nata due mesi fa in cella – è giunta a Ciampino con un volo di stato italiano dove l’ha attesa Matteo Renzi con la moglie Agnese ed il ministro degli Esteri Federica Mogherini: «Oggi è un giorno di festa», ha detto il premier sottolineando il lavoro “straordinario” del viceministro degli Esteri Lapo Pistelli nella vicenda.

La giovane era stata arrestata e messa in cella insieme al piccolo figlio di 20 mesi con una sentenza shock che aveva suscitato l’orrore e la mobilitazione del mondo intero, facendo scattare molte iniziative internazionale per la sua liberazione. Un dossier, quello di Meriam, su cui dal primo momento si era mobilitato il governo italiano con il premier che aveva citato il caso della ragazza sudanese anche nel suo discorso di apertura del semestre Ue. Nella prima udienza, quella in cui gli era stata inflitta la condanna a morte, il giudice si era rivolto all’imputata chiamandola con il nome arabo, Adraf Al-Hadi Mohammed Abdullah, chiedendogli di convertirsi nuovamente all’Islam. «Io sono cristiana e non ho commesso apostasia», fu la replica della donna che gli costò la condanna a morte e la carcerazione. Solo poche settimane dopo Meriam, in cella, ha dato alla luce una bimba in condizioni durissime. Il 23 giugno il tribunale sudanese ha poi deciso la liberazione della donna. Che però è stata fermata nuovamente il giorno dopo insieme al marito e al loro legale mentre si trovava all’aeroporto – mentre con i bambini tentava di lasciare il paese con destinazione Stati Uniti – per un “controllo dei documenti”. Rilasciata per la seconda volta, con la sua famiglia, si è poi rifugiata all’ambasciata americana a Khartoum, dove ha ricevuto il passaporto che le ha permesso oggi di lasciare il Paese diretta come prima tappa in Italia, dove resterà un paio di giorni prima di raggiungere New York. I meriti del governo italiano – a parte l’aereo pagato – sfuggono un po’ a tutti, soprattutto agli americani. Ma se anche ve ne fossero, per rispetto ai 181 morti stimati nelle ultime ore al largo della Sicilia e per gli italiani ancora in detenuti ingiustamente in paesi esteri, sarebbe stata opportuna un po’ di sobrietà.

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