Ciancimino jr in via D’Amelio. Una “vergogna” che non si può criticare, perché arriva la minaccia di querela…
“In via D’Amelio si è consumata una farsa”. Così ha scritto il giornalista palermitano Alberto Samonà sul quotidiano online di cui è direttore, Resapubblica, a proposito della commemorazione del giudice Paolo Borsellino. Inopportuna, secondo Samonà, la presenza di Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, l’ex sindaco di Palermo legato ai Corleonesi di Riina. Una che la sa “talmente lunga” da farsi notare in un caldo abbraccio con Salvatore Borsellino, fratello del giudice antimafia e fondatore del movimento delle agende rosse (una strada per politicizzare l’antimafia ad uso e consumo della sinistra).
Ora – ha scritto Samonà – “quella presenza del figlio di don Vito in via D’Amelio e quell’abbraccio del figlio di don Vito con il fratello di chi i “don Vito” di turno li stanava per assicurarli alla giustizia, non ci sta. È una pisciata fuori dal rinale. Un gesto oltraggioso verso tutti. Verso la vera antimafia e non quella di chi ha costruito carriere su di essa”. Parole che rimettono al centro del dibattito il tema della memoria dei servitori dello Stato, al di là e oltre le passerelle di maniera e le strumentalizzazioni di comodo. Una discussione che dovrebbe essere aperta con chiarezza e coraggio anziché accontentarsi della retorica del luogo comune che tutto confonde e tutti assolve.
Ma la notizia non è questa: il fatto è che Massimo Ciancimino non ha digerito le critiche e ha minacciato una querela contro Samonà. Nella lettera scritta al direttore di Resapubblica Ciancimino jr ricorda la sua opera di collaborazione con le autorità che ha portato ai processi per la morte del giudice Borsellino. Ma questo fa di Massimo Ciancimino un autorevole testimone dell’antimafia? E, se vuole ambire a incarnare questa missione, perché intanto non rinuncia al patrimonio paterno?