Crisi in Iraq, petrolio in fibrillazione. E la benzina sale alle stelle
Petrolio in fibrillazione e benzina che corre. Il copione di tutte le crisi geopolitiche che coinvolgono il Medio Oriente si ripresenta puntualmente anche in questi giorni di offensiva jihaidista in Iraq, con il greggio che si mantiene sopra i 107 dollari al barile e un’ondata di rincari per gli automobilisti, costretti tra l’altro a fare il pieno “forzato” per lo sciopero in programma mercoledì. Il prezzo del greggio Wti, da venerdì, si mantiene intorno a quota 107 dollari, mentre il Brent ha oggi sfiorato i 113 dollari al barile. Non si tratta di aumenti particolarmente consistenti, ma la preoccupazione è per quello che potrebbe succedere se la jihad dovesse conquistare le zone del sud, dove si concentra la produzione di greggio del Paese, vale a dire il 90% dei 2,5 milioni di barili al giorno esportati da Baghdad. La minaccia di uno stop alla produzione, secondo gli analisti di Societé Generale interpellati dall’agenzia Bloomberg, «non è imminente, ma è seria». La crisi irachena, tra l’altro, si intreccia con gli scontri in Libia, la cui produzione è ormai ai minimi dal settembre 2011 e con le tensioni in Ucraina, che hanno finito per pesare sull’andamento delle Borse del Vecchio Continente: tutte chiusure in rosso, con Madrid e Milano le peggiori. L’allarme petrolio, così, è scattato e se ne sono subito sentite le conseguenze sul mercato dei prodotti raffinati. Praticamente tutte le compagnie presenti sulla rete italiana hanno così deciso un sensibile aumento dei prezzi consigliati, a partire dall’Eni, con un rialzo di 1,5 centesimi sia sulla verde che sul gasolio. Il prezzo più alto, in ogni caso, spetta a Q8, con 1,869 euro al litro. Questo vuol dire che per un pieno di una macchina di media cilindrata ci vogliono in questi giorni circa 93 euro. E il rifornimento è quasi obbligato, visto che mercoledì è in programma lo sciopero dei gestori, proprio contro i prezzi alti «imposti» dalle compagnie attraverso il contratto di esclusiva.