Appalti sospetti: indagato il commissario del piano carceri
Il reato è la corruzione legata ad appalti per lavori di ristrutturazione in alcuni carceri. L’accusa è formulata dalla Procura di Roma nei confronti di nove persone le cui abitazioni sono state perquisite dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza presso il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap). Tra le persone coinvolte c’è il commissario straordinario al piano carceri Angelo Sinesio, accusato di falso e abuso d’ufficio: secondo i pm, nell’assegnazione delle gare d’appalto Sinesio avrebbe compiuto irregolarità anticipando le gare stesse e impedendo che a queste potessero partecipare altre ditte oltre a quelle prescelte. Un’altra contestazione è quella d’aver fatto in modo che il valore delle gare non superasse i 5 milioni di euro. Le indagini, coordinate dai pm Paolo Ielo e Mario Palazzi, si concentrano su eventuali illeciti nel lavori effettuati presso le carceri di Voghera, Lodi e Frosinone.
Possibili danni all’Erario e al ministero della Giustizia «per la attribuzione di incarichi a soggetti privati (che, in gran parte, potevano essere affidati a pubblici dipendenti a costo zero o a costi decisamente più contenuti) con procedure che possono anche apparire non perfettamente in linea con le relative disposizioni normative». Danni «per l’Erario e per l’intero sistema penitenziario» a causa delle «designazioni di autorità di gara e presidenti e componenti di alcune commissioni di gara che, a norma di legge e per giurisprudenza costante, potrebbero essere invalidate». «Scarsa attendibilità dei dati» forniti alle istituzioni, a partire da parlamento, governo e potere giudiziario. Sono pesanti le denunce che l’ex direttore generale della Direzione mezzi e servizi del Dap, Alfonso Sabella, affidò nei mesi scorsi a un documento inoltrato ai vertici del Dipartimento amministrazione penitenziaria e trasmesso anche alla magistratura ordinaria, a quella contabile e al ministero dell’Economia. Un dossier di 60 pagine che ha uno snodo centrale: secondo la ricostruzione, i costi del piano carceri sarebbero stati gonfiati includendo opere che erano in carico al Dap e al ministero delle Infrastrutture; e il criterio del prezzo più basso adottato per alcuni padiglioni mandati in gara ha prodotto «ribassi palesemente fuori mercato (oltre il 48% in media con una punta di quasi il 54%)». Quel dossier è stato uno degli elementi da cui è partita l’inchiesta della Procura di Roma sugli appalti del Dap e su possibili atti di corruzione.
Nel documento Sabella, anch’egli magistrato, a lungo impegnato a Palermo in inchieste contro la mafia, prende le mosse da un’audizione che il commissario del piano carceri, il prefetto Angelo Sinesio, oggi indagato, fece il 22 ottobre 2013 in commissione Giustizia alla Camera e la contesta duramente, confutandola punto per punto. A partire da uno, centrale. Sinesio – riferisce Sabella – sostenne in quell’audizione che “il Piano carceri originario prevedeva anche completamenti di padiglioni già avviati dall’Amministrazione penitenziaria e ristrutturazioni di istituti”. In realtà – contesta invece Sabella – il Piano carceri originario non prevedeva nulla di ciò ma i completamenti e le ristrutturazioni sono stati inseriti nel Piano, addirittura due anni dopo la dichiarazione dello stato di emergenza e ovvero il 31 gennaio 2012, dunque quando lo stesso prefetto era, formalmente e sostanzialmente, il commissario delegato».