Oggi la capitale celebra la “Giornata internazionale di rom e sinti”. Ma c’è da festeggiare?

8 Apr 2014 12:57 - di Bianca Conte

Il calendario capitolino in ossequio alla celebrazione della Giornata internazionale dei rom e dei sinti pullula di proposte e iniziative: lezioni, incontri, concerti ed eventi spettacolari di musica e parola. In nome dell’antirazzismo, su cui non può esserci che assoluta condivisione, si mette però in scena il festival dell’ipocrisia e della demagogia in tutta Italia, ma in particolare a Roma, visto che sulla giunta Marino, fin dall’inizio, la comunità nomade ha posto grandi aspettative… 

Si comincia alle 14.30 con una lezione aperta al Teatro della Scuola Ic Messina. Si proseguirà alle 16.30 con la celebrazione ufficiale prevista presso la sala della protomoteca del Campidoglio. Si concluderà in serata con un concerto organizzato negli spazi della Città dell’Altra Economia (quelli, per intenderci, molto vicini a quello che è stato a lungo uno degli insediamenti abusivi di quel quadrante del Tevere, tra i più noti della città eterna).

Sarebbe facile, allora, dire che potrebbe apparire quanto meno contraddittorio che mentre Roma affoga nelle criticità di sempre, si prepara a festeggiare coloro che sono parte integrante – anche se non integrata, si recrimina – delle endemiche problematiche metropolitane, tra cui quelle legate alla microcriminalità esercitata proprio dai nomadi “di Roma”. Potrebbe risultare quantomeno eccessivo chiedersi – al di là della polemica facile, e fatto saldo il diritto all’orgoglio e alla dignità di un popolo – se davvero sia opportuno dedicare un pomeriggio capitolino alla celebrazione, anziché ad una almeno parziale risoluzione, di un problema annoso e in stato emergenziale ormai da troppo, sia per la popolazione rom, che per i cittadini romani.

E allora diremo altro: diremo che le difficoltà di convivenza, di integrazione e di inclusione, non si affrontano con feste di piazza e cerimonie ufficiali. Che celebrare una ricorrenza istituzionalizzata a Londra nel 1971, con il ricoscimento di una bandiera e di un inno, non vuol dire necessariamente prendere atto di una realtà difficile, ramificata sul territorio urbano, eppure non ancora regolarizzata dal punto di vista delle questioni eternamente aperte dell’occupazione, dell’alloggio, della scolarizzazione di un popolo che, è vero, nasce nomade per vocazione, ma che è ormai di fatto stanziale nella prassi quotidiana in tutta Europa. Che è sicuramente apprezzabile che molte associazioni e onlus scendano in campo con l’organizzazione di eventi cittadini, ma che forse continuare a commiserare, a urlare allo scandalo e alla discriminazione, non entra nel merito dei problemi.

Problemi che l’amministrazione capitolina precedente a quella odierna di Marino, è stata accusata di aver risolto con drastiche modalità. Lo sgombero non era la risposta? Bè, di sicuro neppure la ghettizzazione in campi dove si vive in condizioni igienico-sanitarie gravemente deficitarie, o voltare lo sguardo da un’altra parte, possono esserlo. Tanto che persino Amnesty International nei giorni scorsi, in anticipo sulla Giornata internazionale che ricorre oggi – e unendosi al pressing degli stessi rom sul primo cittadino romano – è scesa in campo per sollecitare Marino – ricordava Il Messaggero – «a dialogare con l’associazione e a porre fine alla discriminazione dei rom nell’accesso a un alloggio adeguato». Sottolineando come «sgomberi forzati, segregazione in campi ed esclusione dall’edilizia residenziale pubblica stanno proseguendo anche sotto l’amministrazione del sindaco Marino». Speriamo allora che dal galleggiamento perenne non si sprofondi nel solito anticonformismo conformista di stampo rigorosamente “democrat”. Più che di feste, c’è bisogno di soluzioni decorose per tutti, nomadi e itaiani.

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