Nella Cina comunista l’ultimo diktat liberticida è contro le serie tv americane on line

28 Apr 2014 14:13 - di Ginevra Sorrentino

Il cinema in Cina, si sa, non ha mai avuto vita facile. Ma che adesso la scure censoria si abbatta anche sulle produzioni estere destinate al piccolo schermo, ha sorpreso i più. O almeno, hanno dovuto subire ultimamente molte, cocenti delusioni, tutti coloro i quali speravano che, in nome dell’ecumenismo spettacolare e del sincretismo mediatico, la leadership del Partito Comunista Cinese fosse almeno in gran parte pronta alla liberalizzazione politica e a più significative aperture di fiducia sul fronte della libertà di scelta nella fruizione di prodotti audiovisivi, sia sul piccolo che sul grande schermo. Così, dopo la mannaia censoria calata sul Tarantino, autore di Django Unchianed, le autorità cinesi hanno vietato altre produzioni americane, ordinando la rimozione dal web di quattro serie tv a stelle e strisce, tra le più gettonate sul mercato, e molto diffuse tra i giovani cinesi. Da oggi, allora, non si potranno più vedere in rete serial acclamati come The good wife, Ncis, The Practice ma, soprattutto, The Big Bang theory, vero successo tra i giovani asiatici, tanto da essere diventata la serie televisiva straniera più vista di sempre. L’ordine è giunto ai gestori dei siti dalla State Administration of Press, Publication, Radio, Film and Television. La decisione, naturalmente, come il decalogo repressivo impone e prevede, non è stata motivata. Anche se, in qualche modo, anticipata dal fatto che i serial in questione non erano mai stati trasmessi sulla rete televisiva tradizionale, perché privi di autorizzazioni. I diritti, invece, erano regolarmente detenuti dai siti, che li mandavano in rete anche in quanto titoli molto diffusi tra i giovani e giovanissimi, che li considerano a stragrande maggioranza dei telefilm cult. A nulla, come sempre, sono serviti appelli e denunce raccolti sul web dove, immediata, è scattata la reazione critica per contestare la crociata liberticida portata avanti dalle autorità che, soprattutto negli ultimi mesi, ha portato anche alla chiusura di festival indipendenti, e costretto giovani autori emergenti alla clandestinità assoluta, perché in odore di ostilità culturale al regime. Su Internet fioccano i commenti negativi, allora, sollevati a quest’ultimo episodio censorio e corredati da pressanti richieste di indicazioni di siti dove poter scaricare, ovviamente illegalmente, le serie messe all’indice dal nuovo regolamento censorio. La protesta contro la repressione corre sul web, e il suo tam tam deflagra attraverso i social network soprattutto. E allora, dopo il caso dei telefilm, Twitter rilancia anche la notizia secondo la quale sarebbe in corso la demolizione della chiesa cristiana di Sanjiang, nella contea di Yongjia a Wenzhou, città della provincia orientale cinese dello Zhejiang, dove vive la più nutrita comunità cristiana in Cina. E con tanto di foto di bulldozer al lavoro sulla distruzione delle fondamenta del luogo di culto. Forbici ideali, e mezzi meccanici distruttivi: nella Cina moderna gli strumenti usati per reprimere la libertà d’espressione e di culto sono gli stessi di sempre…

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