Sulle banche la frusta del Fmi: «Con più credito la crescita vola». Persino la Grecia farà meglio di noi

24 Mar 2014 20:00 - di Corrado Vitale

Uno dei grandi problemi dell’economia italiana è la stretta del credito da parte delle banche, il cosiddetto credit crunch. L’ultima conferma viene dal Fondo monetario internazionale, che va anche oltre, invitando indirettamente il governo a darsi seriamente da fare per spingere le banche ad aprire i rubinetti dei finanziamenti alle imprese e ai cittadini.  «Ulteriori misure per far ripartire l’offerta di credito – afferma il Fmi nella bozza del World Economic Outlook –  potrebbe far aumentare il Pil del 2% o oltre». Non si tratta di una stima da poco, vista le crescita asfittica prevista per il 2014 e il 2015: rispettivamente dello 0,6 e del 1,1 per cento. Il discorso non riguarda solamente l’Italia, ma anche la Francia, l’ Irlanda e Spagna. Però è certo che nel nostro Paese il credit crunch si presenta particolarmente rovinoso, vista la struttura stessa del sistema economico: la disseminazione di Pmi comporta  una sorta di banca-dipendenza da parte delle aziende, che non possono accedere a alle forme alternative di finanziamento delle grandi imprese quotate in Borsa. Spetta quindi a Renzi di essere realmente sollecito sul fronte bancario. Nel treno della ripresa annunciata a livello globale ci potremmo vedere nuovamente relegati ai vagoni di coda. E dovrebbe rapprsentare un colpo di frusta per gli attuali governanti dell’Italia questo assai poco onorevole confronto che emerge sempre dal rapporto del Fmi. Persino la Grecia potrà infatti   fare meglio dell’ Italia a partire dal 2015.  Secondo le previsioni degli economisti dell’Istituzione  diretta dalla Lagarde, l’anno prossimo Atene spiccherà il volo, staccandoci di netto. L’aumento del Pil stimato e del 2,9%.

Una politica adatta all’allentamento del credit crunch sarebbe peraltro oggi favorita dalla discesa dello spread e dalla conseguenze stabilità dei titoli pubblici italiani. Fu proprio la caduta di valore del debito sovrano italiano a determinare negli anni passati il deprezzamento del patrimonio delle banche, che appunto detenevano quote rilevanti di debito pubblico.  Di qui una delle principali cause della stretta del credito per le imprese. Ma una raccomandazione il Fmi la impartisce anche alla Bce: «Un ulteriore allentamento monetario, che includa misure non convenzionali, è necessario per sostenere l’attività e per evitare i rischi da inflazione bassa o deflazione».

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