Lidia Bastianich, l’esule di successo che non ha mai dimenticato Pola: «Scappammo da un Paese che non ci voleva più»

21 Feb 2014 13:44 - di Redattore 89

Il grande pubblico lo ha scoperto grazie al ruolo di giudice a Masterchef. E tale e tanta è stata la sua fama che, anche grazie all’esilarante imitazione di Maurizio Crozza, alcune sue espressioni sono diventate un tormentone. «Mi stai diludendo» e, ancora di più, «Vuoi che muoro?» ormai sono entrati nel lessico giocoso di molti italiani. Ma la storia dell’italo-amercano di seconda generazione Joseph “Joe” Bastianich non racconta solo i suoi successi televisivi e prima ancora di imprenditore della ristorazione. Le origini, quel cognome che sa di Nord Est estremo e il ritorno in Friuli da proprietario di vigneti raccontano anche altro. La mamma, Lidia Matticchio, osannata negli Usa e non solo come una delle migliori chef su piazza, come una star dei fornelli, è nata a Pola nel 1947 e, nel 1966, ha sposato un altro ragazzo istriano, Felice Bastianich. Lidia è una figlia dell’esodo, di cui conserva una memoria viva e dolorosa che oggi ha trovato spazio, con un’intera pagina, sul Corriere della Sera. «Degli anni dell’infanzia a Pola – ha raccontato – ricordo soprattutto i momenti di gioia, che erano quelli delle riunioni familiari intorno a un tavolo. Poi la fuga da un Paese che non ci voleva più, ma anche a Trieste fu dura. Per un po’ fummo ospiti di una zia, cercando di ricostruire la nostra vita intorno alla sua tavola. Ma non c’era lavoro, non potevamo restare». Quindi la decisione dei genitori di chiedere asilo in America come profughi. «Ce ne andammo – ha spiegato ancora la signora Bastianich al Corsera – alla Risiera di San Saba, un ex campo di concentramento. I due anni più duri. Ancora davanti ai miei occhi. Tutti in fila per la razione quotidiana: prosciutto cotto, un formaggino, una mela. E anche lì la tavola – i lunghi tavoli della mensa – come unico luogo di socializzazione. Il luogo del calore e dei sorrisi: davanti a quel cibo, povero ma benedetto». È un racconto personale, quello di Lidia Bastianich, ma insieme collettivo. È il racconto delle difficoltà di tutti quei profughi che, dopo la fuga dalla Jugoslavia titina, si ritrovarono esuli anche in patria, alle prese con una vita da “stranieri” da ricostruire da zero. I Matticchio e i Bastianich scelsero di esserlo totalmente, stranieri, e si ritrovarono per caso negli Usa a condividere un passato e poi anche un futuro comune. Lidia e Felice si incontrarono nei sobborghi di New York quando lei aveva sedici anni e non si lasciarono più fino al 1997, quando divorziarono. Nonostante il successo del ristorante che avevano creato insieme, il “Felidia”, celebratissima tavola newyorkese, Felice «qui non stava bene, volle rientrare in Italia. Ma anche lì – ha chiarito Lidia – non aveva più radici. È tornato a New York, veniva sempre a trovarci nei giorni di festa, fino a quando è morto, due anni fa». Come Felice, più di Felice, anche i genitori di Lidia in America avevano trovato una casa, un lavoro, una prospettiva, ma non una autentica pace. «C’era lavoro per i grandi e per noi ragazzini era un mondo nuovo, affascinante: una festa. Ma – ha aggiunto la chef – per papà e mamma no: a volte la sera li sentivamo piangere sommessamente. Mia madre, Erminia, alla fine si è ambientata. Mio padre mai: è morto triste. Noi figli ci siamo dati da fare soprattutto per convincerli che avevano fatto la scelta giusta, venendo qui in America. Che qui saremmo riusciti a costruire qualcosa». I ragazzi Matticchio avevano ragione e sono il successo e la serenità di Lidia a confermarlo a tanti anni di distanza. Eppure anche questa donna che oggi è una signora dell’imprenditoria americana deve aver sentito il bisogno di ritrovare quelle radici strappate se, a proposito delle proprietà in Friuli, fra le quali anche un piccolo ristorante, Joe Bastianich, in un’intervista al blog Lili Madeleine, ancora un anno fa spiegava: «È un ristorante piccolino, per io e la mamma, una cosa molto personale».

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