È la festa dell’Immacolata? E si canta “Bella ciao” in onore di don Gallo… Ma ormai quell’inno è un marchio capitalista

9 Dic 2013 12:43 - di Redattore 54

Cantare Bella ciao in chiesa, nel giorno dell’Immacolata, per ricordare un prete, don Gallo, il comunista don Gallo, che amava essere citato e ricordato come prete degli ultimi. Fu lui a cantarla in chiesa, quella canzone, e ora la tradizione si rinnova: l’idea commemorativa è stata di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che ha ricordato don Gallo nella chiesa di San Benedetto dove anche il prete scomparso intonò i versi di Bella ciao sventolando un drappo rosso. Qualche pugno chiuso si leva tra gli astanti. Gli altri sacerdoti accanto a don Ciotti, però, se ne restano zitti e non se la sentono di cantare quelle strofe evidentemente estranee al contesto celebrativo (sia pur se intonate nella versione delle mondine). Le immagini parlano chiaro: anche i fedeli che assistono al rito rimangono perplessi. E magari avranno pensato che, nel giorno dell’Immacolata, sarebbe stato meglio pregare Maria Vergine piuttosto che levare i pugni chiusi (senza contare che gli “indignati” a Roma, proprio cantando Bella ciao, due anni fa hanno fatto a pezzi una statua della Madonna in una chiesa di via Merulana). Che poi, questo revival di Bella ciao, complice Santoro, è roba di questi ultimi anni. Più che un inno partigiano, Bella ciao è diventato l’inno degli antiberlusconiani (visto che, ad essere filologicamente corretti, la canzone più popolare tra i partigiani era Fischia il vento). Girotondini, manettari, giottini e tonache vermiglie si sono presi la canzone e hanno giocato la loro parte di neoresistenti, bravissimi come sempre a mischiare sacro e profano, a determinare le condizioni per un improvvisato situazionismo straccione.

Ma attenzione, perché Bella ciao sta diventando un po’ come il Che sulle magliette. E la moda low cost ha messo gli occhi sopra quelle due paroline, che si adattano così bene alla versatilità del logo pubblicitario. Ed ecco che la catena di pret-a-porter per ragazze sbarazzine Piazza Italia si è appropriata di Bella ciao per la sua campagna invernale. Di comunista non c’è proprio più nulla, in quell’immagine di una semplice adolescente con la treccia e la scritta bella ciao. Un modo per destrutturare un inno a fortissima caratterizzazione identitaria. Il contrario di quello che ha fatto don Ciotti con la sua anacronistica cantatina dietro l’altare (un’Ave Maria per l’anima di don Gallo sarebbe stata molto, ma molto più appropriata). Perciò fate attenzione voi identitari de’ sinistra che a sentire Bella ciao vi fate ancora venire la pelle d’oca e cominciate a vedere i nemici fascisti dietro ogni angolo, attenti perché i persuasori occulti vi stanno fregando il marchio. È la legge del capitalismo, che non guarda in faccia nessuno (figuriamoci i partigiani…).

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