La rabbia di un amico di Quattrocchi: «L’hanno ucciso per la seconda volta»

26 Nov 2013 19:33 - di Antonio La Caria

Una sentenza che ha «umiliato un atto eroico, uccidendo nuovamente un eroe». Così Dridi Forese, un collega e amico di Fabrizio Quattrocchi, che è stato impiegato a lungo in Iraq, parla del provvedimento della Corte d’assise di Roma che definisce l’omicidio del contractor genovese non un atto di terrorismo ma di criminalità comune. Forese esprime «grande sdegno e rammarico» per la sentenza, che a suo dire «umilia anche lo Stato italiano, in nome del quale è stata conferita a Quattrocchi la medaglia d’oro al valor civile, in quanto vittima di un brutale atto terroristico rivolto contro l’Italia». «Da italiano – prosegue Forese – dico “ora basta”, non ne possiamo più di una giustizia inesistente, di sentenze incomprensibili e ingiustificate». «Come si può affermare che non erano terroristi  prosegue – se ci sono dei video che confermano l’appartenenza degli attentatori alla falange verde di Maometto, che intimava il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq pena l’uccisione degli altri colleghi rapiti? Forse la prossima volta bisognerebbe chiedere di stampare sull’ogiva del proiettile la scritta “giustiziato per mano terroristica”». «Io che ci sono stato su quel suolo e lo conosco bene – continua il collega di Quattrocchi – chiedo come si fa a parlare di bande criminali comuni quando ogni poche ore in Iraq scoppiava una bomba, e non sempre contro postazioni militari, ma anche e soprattutto nei mercati affollati da donne e bambini. Di fronte a quei corpi straziati ci si domanda se veramente esiste o esisterà una giustizia. Ma di una cosa sono sicuro e cioè che nella fattispecie, oggi – conclude – per il mio collega Fabrizio Quattrocchi giustizia non e stata fatta».

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