La strada è in salita, molto ripida e può indurre a cambiare percorso

2 Ott 2013 17:43 - di Oreste Martino

Quanto accaduto ieri e oggi in Forza Italia rischia di far avverare la triste profezia di Montanelli quando disse che dopo Berlusconi ci sarebbe stato lo sfascio e la dissoluzione della destra così come avvenne dopo il fascismo. L’ultima frattura che si è consumata, con la nascita di una fronda moderata guidata da Alfano, dimostra che il problema di questi anni non sono stati i tradimenti di Tizio o di Caio, ma la deriva estremista che Berlusconi ha voluto imprimere alla coalizione, appiattendola prima sul leghismo bossiano e adesso sul movimentismo alla Santanché. Quando si analizzerà seriamente la storia dell’ultimo ventennio ci si renderà conto che Berlusconi è riuscito – come diceva Tatarella – ad inventare la bottiglia e a fare da tappo. Al Cavaliere va il merito della nascita e della stabilizzazione del bipolarismo, così come è grazie a lui che l’elettorato di centrodestra ha trovato una coalizione di riferimento con cui essere maggioritario. Ma se questa è la bottiglia va anche detto che poi facendo da tappo ha impedito che il prezioso liquido contenuto potesse essere condiviso da altri.

È accaduto così che pian piano il meglio del centrodestra italiano è stato costretto a prendere altre strade, peraltro tutte più o meno senza successo. Il primo a smarcarsi è stato Casini con l’Udc, ottenendo tanta visibilità e pochi voti, molti meno di quando era alleato di Berlusconi. Poi è stata la volta di Fini, con uno scontro durissimo, conseguenze pesanti, attacchi violenti ed evidenti ferite sulla pelle di entrambi i contendenti. Poi è toccato a Tremonti, lo stesso che per dieci anni era stato il padre padrone delle politiche economiche del governo. Poi è venuto il turno di Frattini, astro nascente del berlusconismo, infine a rompere è stato addirittura il segretario del partito di Berlusconi, quell’Alfano che era stato incoronato come il suo delfino.

I cinque nomi citati non sono casuali. Basterebbe immaginare Fini, Casini, Tremonti, Frattini e Alfano assieme al lavoro. Cinque potenziali delfini finiti nella rete e disinnescati da Berlusconi. Cinque storie importanti del centrodestra italiano e per quattro di loro anche importante visibilità internazionale. Fini oltre ad avere portato la destra italiana ad ottenere finanche il 15,6% ha acquisito negli anni un significativo ruolo internazionale, grazie alla partecipazione alla Convenzione europea e all’esperienza fatta alla Farnesina. Casini ha guidato l’internazionale democristiana e l’associazione mondiale dei parlamenti, Tremonti è stato uno dei ministri economici più stimati al mondo, Frattini ha fatto il ministro degli esteri e il vicepresidente dell’Unione europea. Con una squadra così Berlusconi avrebbe potuto conquistare l’Italia ed avere peso reale nelle scelte internazionali, ma anziché valorizzare la ricchezza a sua disposizione ha preferito far fuori i potenziali successori vivendoli come competitor, con il risultato finale che è andata male per tutti.

Adesso la strada è in salita ed anche molto ripida perché la dissoluzione ipotizzata da Montanelli è dietro l’angolo e il rischio che il centrodestra stia fuori dai giochi per altri vent’anni è reale. Con l’aggravante che avendo vinto i falchi di Palazzo Grazioli non solo non avremo una vera destra, moderna, riformista ed europea, come quella che i dirigenti emarginati in questi anni avrebbero potuto costruire, ma che la avremo lepenista, antisistema e con la bava alla bocca. Un ritorno al passato di cui né la politica italiana né gli elettori di centrodestra sentivano il bisogno.

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