Roma violenta e nelle mani dei romeni: sfruttavano e picchiavano le prostitute, arrestati

23 Set 2013 16:09 - di Antonio La Caria

Erano sfruttate, controllate, picchiate. E dovevano versare una tassa all’organizzazione per poi dividere i guadagni col protettore. Le vittime, una decina di giovani romene, alcune minorenni, hanno visto la fine del il loro incubo con l’arresto di nove persone appartenenti a una feroce organizzazione che gestiva la prostituzione nella zona sud di Roma, tra l’Ardeatina e la Laurentina. I provvedimenti sono giunti al termine di un’intensa attività investigativa, condotta dalla squadra mobile di Roma a partire dal mese di marzo 2013, che ha portato alla luce la banda di romeni. Le donne erano sottoposte dai propri sfruttatori, ai quali in alcuni casi erano legate da vincoli affettivi, a continue vessazioni e minacce, come fossero “cose” soggette al diritto di proprietà, ridotte e mantenute in un continuo stato di soggezione. Le indagini della polizia di Stato hanno preso le mosse da alcune timide dichiarazioni rese da una delle ragazze nel corso di un controllo di polizia. Al vertice della struttura Vasilica Croitoru, 39 anni, il quale stabiliva le tariffe, concedeva i permessi e assegnava i posti. Lo stesso personaggi, inoltre, si occupava tramite sua moglie, Ana Maftei, 40 anni, anche di reclutare le donne in Romania. Mentre i singoli protettori avevano il duplice ruolo di organizzatori del sodalizio criminale e di sfruttatori di ciascuna vittima. Dalle indagini è emerso che ogni prostituta, in virtù dell’autorizzazione avuta, versava all’organizzazione una cifra variabile compresa tra i 200 e i 300 euro la settimana. Oltre alla “tassa”, le donne dovevano dividere il restante guadagno col proprio diretto protettore che esercitava per conto dell’organizzazione una stretta vigilanza dei luoghi di “lavoro”, assicurando il rispetto delle zone e degli orari. Le somme del “canone” imposto venivano poi versate dai protettori al vertice dell’organizzazione, direttamente o facendole recapitare tramite corrieri oppure attraverso transazioni bancarie in Romania, dove venivano reinvestite nell’acquisto di immobili.

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