L’integrazione a casa Kyenge non funziona: la sorella del ministro litiga con un’albanese e finisce in tribunale

5 Set 2013 14:27 - di Guido Liberati

Guai giudiziari per una sorella del ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge: Kapya Dora Kyenge, 46 anni, è stata rinviata a giudizio davanti al Giudice di Pace di Pesaro con l’accusa di aver picchiato e insultato una vicina di casa albanese, Aferdita Bquiri, che come lei abita in una casa popolare dell’Erap a Ginestreto. Ad anticipare la notizia è il Resto del Carlino. I fatti, già noti, risalgono al 18 aprile scorso, anche se la Bquiri, medicata al pronto soccorso con una prognosi di cinque giorni, aveva sporto querela per lesioni, minacce e ingiurie soltanto un mese dopo. I motivi della lite non sono noti: secondo il racconto della presunta vittima, Dora Kyenge l’avrebbe colpita con un pugno al collo, minacciata di morte e insultata facendo anche riferimento al Paese di provenienza, l’Albania, per poi concludere dicendo: «Ho le spalle coperte, mia sorella è in Parlamento». Dieci giorni dopo il deputato Cecile Kyenge giurava come ministro del governo Letta. A Pesaro Dora Kyenge, uno dei 38 fratelli del ministro dell’Integrazione, ha lavorato con un contratto part-time all’Ipercoop e come sarta.

La stampa locale si era occupata di lei anche nel maggio del 2008, quando si era rivolta alla Lega Nord perché la aiutasse a prendere possesso dell’alloggio di edilizia popolare che le era stato assegnato ma che all’epoca era occupato da una famiglia marocchina. Dora ottenne la liberazione della casa due mesi dopo, nel luglio dello stesso anno, a conclusione della causa civile avviata dall’Erap. E così ringraziò sul Resto del Carlino coloro che l’avevano aiutata: «Ringrazio il sindaco, il Comune e l’Erap per avermi ascoltata, ma il grazie più sentito va al segretario della Lega che ha combattuto questa battaglia con me». Dora è spesso presente alle cerimonie con la sorella ministro: a Pesaro era in piazza anche il 28 maggio scorso, quando Cecile Kyenge ha consegnato la cittadinanza onoraria a 80 bambini e ragazzi figli di immigrati nati in Italia.

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