Barilla costretto ad arrendersi. Perché l’Italia non è più un Paese libero

28 Set 2013 20:05 - di Francesco Signoretta

Dall’Isola che non c’è al Paese dove non c’è più libertà di pensiero. Avevamo ampiamente previsto che la vicenda della Barilla si sarebbe conclusa con una resa senza condizioni, il video affranto di Guido, le lacrime di suo fratello, gli applausi dei giornalisti autori della campagna di criminalizzazione. La sinistra gongolante ha vinto la sua battaglia, mettendo in funzione la macchina da guerra mediatica, l’unica che le funziona (quella elettorale ha fatto sempre flop). Ha chiamato a raccolta i vip dello spettacolo, le pattuglie della stampa amica, gli amici politici che operano all’estero, le associazioni. Ha dato vita al tam-tam sul web, «boicotta la pasta Barilla», con la Sgrena in prima fila, la lettera indigesta di Dario Fo, gli insulti di Roberto Vecchioni che ha dato del «cretino» all’incolpevole Guido (e se qualcuno avesse definito «cretina» sua moglie quando guidava le pagliacciate dei girotondini?).  Alla fine la Barilla ha alzato bandiera bianca, troppe le complicazioni di carattere commerciale e troppe le polemiche sugli spot con o senza i gay. «Per noi della Barilla i giorni successivi alle dichiarazioni che mio fratello sono stati drammatici», ha ammesso Luca Barilla. «Le affermazioni sono state in poche ore riportate da tutti gli organi di informazione del mondo. I giornali hanno cercato di focalizzare l’attenzione su quei piccoli elementi che avrebbero potuto scatenare la polemica. Così si è creata una situazione drammatica. Il rischio per noi è stato quello di essere buttati fuori dai negozi. Per noi questa situazione avrebbe potuto rappresentare un danno molto grave all’azienda e alle migliaia di suoi dipendenti». In sostanza, la resa è stata determinata più dalle ripercussioni che si sarebbero avute sull’azienda che dalle intime convinzioni. I Barilla hanno dovuto fare un harakiri in piena regola. E ora tutti si sentono in diritto di “dare consigli”. L’esponente capitolina di Sel, Imma Battaglia, attivista per i diritti gay, ha chiesto un incontro a Guido Barilla per invitarlo ad apporre sulle scatole di pasta il marchio Rainbow «come simbolo di uguaglianza, diritti, rispetto delle differenze contro ogni forma di discriminazione e omofobia». Una follia collettiva, orchestrata dalla sinistra. Con un solo risultato: se qualcuno in Italia dice che ama la famiglia tradizionale, quella formata da un uomo e una donna, viene immediatamente messo davanti a un plotone di esecuzione perché bisogna dire solo ciò che fa comodo alla sinistra. Punto e basta. E pazienza se anche la Costituzione, l’amata Costituzione – quella per cui gli amici di Roberto Vecchioni organizzavano i girotondi, quella che non bisogna toccare altrimenti sono guai – afferma esattamente lo stesso concetto espresso in prima battuta da Guido Barilla. Peter Pan si metta l’anima in pace: l’Italia è la Penisola che non c’è più.

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