In Italia ci sono troppe tasse e distribuite anche nel peggiore dei modi. Lo dice anche l’Ocse

2 Lug 2013 16:29 - di Gabriele Farro

Le tasse italiane? Troppe e mal distribuite, parola dell’Ocse. Secondo il segretario generale Pier Carlo Padoan, così non solo non si favorisce la crescita ma si deprime l’economia e si penalizza il lavoro. Tutta colpa dell’azione di consolidamento del bilancio che ha portato a un rigore eccessivo che mal si concilia con lo sviluppo economico,  ma anche colpa di un fisco iniquo e sperequato. Rigore e crescita, infatti, non sono inconciliabili se, secondo l’Ocse, si sceglie il pacchetto di misure adeguato. In Italia, in particolare, la composizione  del consolidamento «può essere migliorata detassando il lavoro» e spostando il peso del fisco su proprietà e consumi, come chiede anche la Commissione Ue. Si tratta, in sostanza, del famoso passaggio dall’imposizione diretta a quella indiretta che tra le altre cose consentirebbe di controllare meglio l’evasione. In ogni caso,  anche se la parola d’ordine ora è crescita e non più austerità, i Paesi non devono essere tentati dal fare meno sacrifici: «Molti, Italia compresa, – dice Padoan –  hanno già fatto lo sforzo più grande, cioè portare il debito su un percorso discendente, e ora devono fare uno sforzo di bilancio meno rilevante ma comunque devono continuare a ridurre la spesa». Ma senza che questo abbia effetti sulla crescita a breve termine. Uno studio Ocse su “consolidamento di bilancio e crescita”  spiega che ai tagli alla spesa corrisponde il taglio dei servizi, e che l’aumento delle entrare deriva dall’aumento delle tasse. Per attenuare quindi gli effetti negativi del consolidamento, si può ricorrere alle riforme strutturali proprio in quei settori colpiti dai tagli e dalle tasse: ad esempio, le riforme nel settore pubblico ne aumentano l’efficienza e quindi limitano i “danni” dei tagli. Un altro esempio è sul lavoro: misure che stimolano l’occupazione aiutano a ridurre la spesa per i sussidi di disoccupazione e quindi consentono dei risparmi. Così se si danno dei sussidi a chi perde il lavoro si finanzia la disoccupazione, mentre se le risorse vengono usate per spingere le imprese ad assumere aumentano gli occupati e cresce la ricchezza del Paese.

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