Finalmente un voto unanime del Parlamento: approvato il Trattato di Istanbul sul femminicidio

19 Giu 2013 17:10 - di Priscilla Del Ninno

Un minuto di silenzio proposto dal ministro Josefa Idem e dal vice ministro Marta Dassù, in ossequio al sacrificio di tutte le vittime di femminicidio; quindi la votazione: unanime. La Convenzione del Consiglio d’Europa siglata a Istanbul nel maggio del 2011 è legge. Già ratificata dalla Camera, dopo l’approvazione plebiscitaria del Senato, entra da oggi nell’ordinamento giudiziario del nostro Paese, nel rispetto e in memoria – come ricordato dalla presidente di turno dell’assemblea, Linda Lanzillotta, «di tutte le donne, ragazze, bambine che hanno subito violenza fisica e psicologica». «Un voto – ha commentato il ministro per le pari opportunità Idem – col quale l’Italia compie un passo storico nel contrasto alla violenza di genere», e che costituisce «il binario e il faro per varare al più presto efficaci provvedimenti». Il documento, che parte dal presupposto che la battaglia da condurre è prima di tutto culturale, punta molto sulla prevenzione e sulla formazione, importanti coordinate di riferimento da seguire nella lotta alla prevaricazione psicologica e alla sopraffazione fisica, che sempre più spesso sfocia nel delitto efferato. Un odio che colpisce fidanzate, mogli, figlie, con una frequenza agghiacciante. Dunque la Convenzione, che da oggi è legge in Italia, rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, in grado di delineare un quadro normativo completo, indirizzato a proteggere le donne contro qualsiasi forma di sopruso, sul corpo e sulla psiche. Più precisamente, la finalità è quella di «prevenire e contrastare la violenza intrafamiliare e altre specifiche forme di violenza contro le donne, di proteggere e fornire sostegno alle vittime, nonché di perseguire gli autori». Ma l’aspetto più innovativo del testo è senz’altro rappresentato dal fatto che la Convenzione riconosce la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione. Di più ancora: nella miriade di provvedimenti e riferimenti stilati, è prevista anche anche la protezione e il supporto ai bambini testimoni di violenza domestica, così come viene chiesta la penalizzazione dei matrimoni forzati, delle mutilazioni genitali femminili e dell’aborto e della sterilizzazione forzata. Nel documento, infine, si riconosce il ruolo fondamentale svolto dalla società civile e dall’associazionismo in questo settore. Con il via libera di oggi al Senato, l’Italia è il quinto Paese ad aver ratificato la Convenzione, che però, per entrare in vigore, ha bisogno della convalida di dieci Paesi, di cui almeno otto membri del Consiglio d’Europa. E infatti, nel commentare il voto di oggi al Senato, la presidente della Camera Laura Boldrini ha spinto proprio su questo punto. E nel rimarcare come il risultato di oggi sia «motivo di soddisfazione e orgoglio», ha sottolineato la necessità che «l’Italia si faccia ora promotrice all’interno del Consiglio d’Europa di un’azione che porti alla ratifica da parte di almeno dieci Paesi, passaggio necessario perché la Convenzione diventi operativa». Un appello in linea con quanto sostenuto anche da Deborah Bergamini del Pdl che, nell’argomentare i risultati conseguiti con la ratifica di oggi, ha ricordato come siano «tutti consapevoli che si tratta solo di un primo passo: che la piena applicazione della Convenzione richiede la definizione di provvedimenti attuativi, e la disponibilità di risorse. Il nostro impegno – ha quindi concluso – è vigilare affinché nessun dettato resti lettera morta, e ogni diritto venga reso effettivo». Un’esortazione che ha alimentato il coro unanime di propositi e prospettive a cui dare seguito, a cui si è aggiunta anche la voce del presidente dei deputati di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che ha dichiarato: «Il voto unanime dei due rami del Parlamento dimostra che su alcuni grandi temi si può e si deve marciare insieme, e che di fronte a questioni così importanti, la politica sa mettere gli interessi della nazione davanti a quelli di parte e di partito».

 

 

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