A Taranto al referendum sull’Ilva vota solo il 19,55%. I promotori: dov’erano i grillini? Non ci hanno aiutato
I tarantini disertano il referendum sul futuro dell’Ilva: in pochi sono andati a votare e la sfida del quorum lanciata dai promotori dell’iniziativa è fallita: un flop. Non è stato raggiunto il quorum del cinquanta per cento più uno degli aventi diritto (173mila). Anzi, la percentuale è ben al di sotto delle aspettative degli organizzatori: il 19,55%. Hanno votato 33.774 persone su 173.061 aventi diritto. In alcune sezioni ci sono state file ai seggi, ma solo in poche sezioni del borgo. Ha vinto il Sì alla chiusura: la preferenza è stata però dunque espressa da poche migliaia di elettori. I tarantini sono stati chiamati a votare per il referendum promosso dal Comitato ‘Taranto Futura’ che per questo ha raccolto 12.000 firme. Ai tarantini sono state poste due domande: sì o no alla chiusura totale dello stabilimento; si o no alla chiusura parziale dell’Ilva cioé della sola area a caldo, quella sottoposta a sequestro dalla magistratura dal luglio 2012 perché altamente inquinante.
È questo il dilemma che strazia la città e i tarantini da sempre, acuito in modo esponenziale negli ultimi mesi, da quando cioè è intervenuta la magistratura dando il via ai primi sequestri, ipotizzando nelle accuse un disastro ambientale senza precedenti. Lavoro o salute? Oggi la possibilità di fornire una risposta era proprio lì. Lì, a Taranto, dove i numeri sui casi di tumore, soprattutto tra i bambini, fanno tremare i polsi, lì dove le famiglie hanno sempre almeno un proprio congiunto che è impiegato nella grande fabbrica, lì dove la magistratura ha ingaggiato una battaglia forse unica nel suo genere, lì dove i ‘padroni’ dell’azienda (alcuni dei quali ancora agli arresti domiciliari, ad oltre nove mesi dalla esecuzione della prima ordinanza di custodia cautelare) puntano i piedi rallentando lo stanziamento necessario per la mega-bonifica imposta ormai anche dall’Aia, lì tutto è davvero ormai un grande, intricato, nodo da sciogliere.
Il referendum, solo consultivo, aveva la necessità di vedere alle urne il 50% più uno degli aventi diritto, che sono poco più di 173.000. Malgrado gli appelli fatti nei giorni scorsi da associazioni ambientaliste, come Peacelink (il presidente, Alessandro Marescotti oggi nel suo blog ha attribuito una grossa responsabilità per la scarsa partecipazione al referendum anche al Movimento 5 Stelle che non si è mobilitato), i tarantini, sembra quindi abbiano voluto snobbare le urne. Sono stati convinti, forse, dagli inviti all’astensione o dai giudizi di “inutilità” espressi da partiti e sindacati. Per il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, in realtà sul referendum “è stata fatta una scientifica opera di boicottaggio”. Ma i promotori non si piangono addosso e leggono la sconfitta come una vittoria: ci sono – dicono – 30mila persone che vogliono il cambiamento. Non sono poche, ma non sono abbastanza,