Il problema non è il Colle, ma il Paese. Ci vorrebbe una Thatcher

10 Apr 2013 9:42 - di Gennaro Malgieri

Ho pensato a lungo a Margaret Thatcher in queste ore. Si può dare il giudizio che si vuole sulla baronessa deceduta lunedì scorso. Ma chiunque in buona fede dovrebbe riconoscere che tre mandati, dodici anni complessivamente, sono stati sufficienti a modificare la struttura economica e sociale del Regno Unito pur in assenza di radicali riforme istituzionali. Il Paese stava finendo nel baratro e, a costo di sacrifici che altrove sarebbero costati la poltrona al primo ministro, è riuscito a risalire la china guadagnandosi uno spazio tutto suo in Europa ed il rispetto del mondo. Ricordo bene quando i Pink Floyd la sfottevano dedicandole addirittura un album: quei giovani che agli inizi degli Ottanta si entusiasmavano per i fuck off che Roger Water “soavemente” le inviava a mezzo rock, adesso beneficiano di un sistema di protezione sociale che dovrebbe fare invidia a mezzo Continente, ed in particolare all’Italia.

Dove non c’è buona politica, c’è miseria, impoverimento, dissoluzione della coesione nazionale. E noi non abbiamo avuto buona politica negli ultimi vent’anni. Inutile girarci intorno: necessitavamo di riforme strutturali, ampiamente condivise, e ci siamo scannati come borgognoni ed armagnacchi senza considerare che intorno a noi cresceva il deserto del disagio. Destra e sinistra non sono state “luoghi” della politica, ma scannatoi di idee nei quali si sono ordite delegittimazioni reciproche con finale fuck off al bipolarismo, alla democrazia dell’alternanza, al riconoscimento dell’avversario.

Dopo vent’anni siamo, dunque, punto e accapo.

I “grandi elettori” (che definizione balzana!) si riuniscono tra otto giorni per eleggere il successore di Napolitano. Non hanno un nome, ma soltanto delle ipotesi (e basterebbe questo ad invocare il presidenzialismo in alternativa all’indecente mercato delle vacche); non c’è un governo, ma soltanto la flebile speranza che possa nascere da un “inciucio” innaturale, ma inevitabile; non c’è simpatia tra chi dovrebbe contrarre matrimonio politico, ma soltanto diffidenza; non c’è dialogo nel Paese, ma  acrimonia sparsa a piene mani da giornali, da bottegai e dall’élite italiana; non c’è tensione verso la vittoria da parte di nessuna delle forze politiche, ma il terrore di perdere qualche decimale di punto; non c’è fiducia tra gli italiani che guardano attoniti allo svolgersi sul palcoscenico del Palazzo al febbrile scontro/incontro tra odianti.

Intanto si apprende che il potere d’acquisto delle famiglie è crollato e che una su quattro è a rischio di povertà. Le imprese sono state strozzate dalla “cura Monti” e non vedono un centesimo dei crediti che vantano dallo Stato. Molte città italiane sono in abbandono, come dimostra Napoli che nelle mani di De Magistris rischia, per comune ammissione, di crollare letteralmente (oggi una serrata dei commercianti, ieri lo sciopero dei mezzi pubblici): ogni giorno proteste più o meno spontanee davanti al Municipio perché la città sta morendo ed il Golfo accoglie come uno sfregio l’Americas Cup i cui fasti di cartapesta stridono con il degrado cittadino.

Dov’è lo Stato?

E’ da tempo che ne abbiamo smarrito le tracce. E non bastano i tardivi ripensamenti di un Bersani che prometteva di smacchiare il giaguaro e si mostra alle telecamere pallido, smunto, confuso dopo quaranta giorni dalla “vittoria/sconfitta” elettorale per tentare (senza riuscirci) di spiegare come mai abbia aspettato tanto tempo per incontrare il suo avversario principale e tentare non dico un accordo, ma quantomeno una trattativa tanto per avviare la legislatura.

Già, come posso non pensare alla Thatcher? Quando sembrava che squassasse il Welfare state britannico, in realtà lo riorganizzava secondo modalità nuove. Qui da noi si perde tempo per trovare un “notaio” da mandare al Quirinale. Il governo può attendere. Sarà per la prossima legislatura. Forse. Chiunque salirà sul Colle si renderà conto che la cosa più saggia da fare è sciogliere questa sbandata compagnia e mandare gli italiani a scegliersene un’altra. Possibilmente meno sbandata.

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