I “grillini” occupano il Parlamento. La rivoluzione finisce in farsa

9 Apr 2013 9:16 - di Gennaro Malgieri

Il Parlamento, dunque, verrà occupato dai “grillini”? Sembra proprio di sì. Lo ha annunciato la capogruppo alla Camera, Roberta Lombardi. Dicono di voler ripartire dalle regole. Ma le regole, evidentemente non le conoscono. E naturalmente si accontenteranno di leggere in Aula gli articoli della Costituzione. Rimarranno nell’emiciclo dino a mezzanotte e un minuto, precisano, per rispetto al personale in servizio. E poi? Poi, niente. Aggiungono che il Paese ha bisogno di leggi. Già, come se non ne avesse abbastanza tanto che da decenni si parla di delegificare piuttosto. Certo, necessita di provvedimenti, ma non quelli che intendono i seguaci di Grillo e Casaleggio, più ingteressati alle forme che alla sostanza.

Comunque, il Parlamente  è la “casa della democrazia”, dicono retoricamente i custodi (o presunti tali) delle istituzioni rappresentative. Dunque, “occupabile” come la democrazia stessa che nella vulgata tardo-resistenziale è diventata materia di esercizio più che di diritti, di abusi. E allora se ne abusi pure, fino a prendere possesso delle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama nelle quali bivaccare. Si è menato scandalo per uno che disse nel 1922 che «avrebbe potuto fare» della Camera «un bivacco per manipoli». Ma non si azzardò mai. Retorica, appunto. In fondo, era sì rivoluzionario, ma non stupido:  sapeva benissimo che i bivacchi nelle istituzioni finiscono per spegnere le rivoluzioni stesse dalle quali, invece, dovrebbero sorgere nuove istituzioni. Come avvenne.

Il M5S aderisce ad altre logiche e le dinamiche alle quali dà vita non sono antipolitiche, bensì “impolitiche”, nel senso di “non costruttive” delle condizioni per favorire una politica del “bene comune”. E’ protesta mescolata a qualche idea mal digerita – penso a Latouche, Stiglitz, Chomsky – per cui anche la paventata occupazione del Parlamento è un residuo novecentesco poco attraente dal punto di vista estetico ed assolutamente inutile da quello istituzionale.

Infatti, se il motivo è di far rilevare la necessità di costituire le Commissioni parlamentari permanenti (cui sembra tenere anche la presidente Boldrini alla quale probabilmente non è stato spiegato per quale motivo non si procede) Grillo dovrebbe informarsi che in questa fase è oggettivamente impossibile in questo momento e quello che adduce la Lombardi è sinceramente campato in aria. Ed anche l’autoconvocazione è puro parto di fantasia: chi risponderà all’appello? Loro stessi?

Dice la capogruppo dei deputati: “Usciamo dal politically correct: quello delle presidenze è un problema di poltrone, chi non va a fare il ministro o il sottosegretario va a fare il presisedente di Commissione”. Qualcuno dovrebbe informarla che tale ruolo, soprattutto per alcune Commissioni, è di gran lunga più importante di un sottosegretariato..

Sono essenzialmente tre i motivi che impediscono la costituzione degli organismi che i “grillini” reclamano ed avrebbero tutte le ragioni di pretenderli in una situazione normale, vale a dire di democrazia funzionante.

Primo. Le Commissioni si formano quando c’è un governo. Chi presenterebbe disegni di legge, accoglierebbe emendamenti, pareri e si assumerebbe l’onere di accettare modifiche al testo originario posto che l’esecutivo Monti è in carica soltanto per lo svolgimento dell’ordinaria amministrazione? Inoltre, le Commissioni possono presentere oltre ad interrogazioni ed interpellanze, mozioni e risoluzioni che “impegnano” – come dice il Regolamento – il governo. Quali “impegni” può assumere un governo dimissionario?

Secondo. Se non si delinea una maggioranza ed un’opposizione le Commissioni non possono lavorare. O meglio potrebbero riunirsi in sessioni seminariali senza nessuno che ne organizzi il lavoro, che le presieda,  le coordini. Infatti, come tutti dovrebbero sapere l’elezione del presidente, dei vice presidenti e dei segretari della Commissione è rigidamente definita dai rapporti tra maggioranza ed opposizione. Sarebbe bizzarro se si avesse un presidente eletto a prescindere che poi risulta di orientamento antigovernativo (è accaduto nel corso di alcune legislature, mai all’atto dell’insediamento, salvo “errori” voluti che poi hanno pregiudicato la vita stessa dei governi) che bloccasse i lavori della stessa Commissione, dovendo stabilire il calendario insieme con l’Ufficio di presidenza, di fronte ad un provvedimento del governo che non vuol far passare.

Terzo. La predisposizione legislativa passa attraverso le Commissioni, com’è noto, prima di approdare in Aula. Quali leggi uscirebbero dalla sede referente prescindendo dalle posizioni di maggioranza ed opposizione? E soprattutto che cosa ne sarebbe dei provvedimenti senza l’approvazione dell’Aula – ed in mancanza di un preventivo consenso del governo perché non c’è?

Quello che Grillo pretende (e l’on. Boldrini sembra condividere) è una forma assembleare e non rappresentativa della democrazia. Che si concretizza in una sorta di discussione permanente non tenendo in alcuna considerazione la circostanza che i Parlamenti devono procedere per approssimazioni e sintesi al testo possibilmente migliore da approvare con il contributo decisivo del governo che in ogni fase della discussisone può e deve intervenire facendo presente, pur senza vincolare il processo legislativo alle sue esigenze, quel che è in grado di attuare e ciò che deve necessariamente rigettare. Il Parlamento è sovrano, naturalmente, ma se non si attiene a delle regole (innanzitutto la copertura delle leggi, che va verificata dal governo che poi deve attuarle, come prescrive la Costituzione), non è più un’assemblea legislativa, ma uno sfogatoio. E questo non è possibile.

Occupino quello che vogliono i “grillini”. La dignità e l’autonomia del Parlamento sono già  state messe a dura prova  dai vari commissariamenti  che ha subito: l’ossessivo ricorso alla decretazione d’urgenza, infatti,  lo ha spogliato delle sue prerogative.

Un altro colpo non farà crollare il Palazzo, ma certo non lo renderà più accogliente. E ai cittadini apparirà sempre meno come la “casa della democrazia”.

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