Con Berlusconi 150mila persone in piazza a Bari. «Governo con noi o al voto: siamo già avanti…»

13 Apr 2013 18:07 - di Antonio Marras

«No, non è possibile non commuoversi…». Silvio Berlusconi è sul palco di piazza della Libertà, a Bari, emozionato, paralizzato quasi dalla folla che riempie l’emiciclo, 150mila persone, secondo gli organizzatori: «Siete il fiume della libertà», dice, e arriva uno dei primi e ripetuti boati di una piazza che se lo mangia con gli occhi, come fosse un piatto di orecchiette alle cime di rapa. Il Cav chiarisce subito: «Questa vostra partecipazione mi conferma che o si fa subito un governo forte e stabile per l’Italia oppure meglio ridare la parola agli italiani votando a giugno». Applausi, cori. «Grazie Bari, grazie Puglia», dice Berlusconi, che poi finge di rammaricarsi: «Non c’è Nichi, mi dispiace». Raffica di fischi. «Mandiamogli un saluto affettuoso. Quelle sue dichiarazioni che fa, fanno sentire tanto stupidi perché non si capisce niente. Ci sono solo io non le sue elucubrazioni, vi dovete accontentare». Buuuu della folla all’indirizzo di Vendola. Poi Berlusconi parla di Raffaele Fitto, l’ex governatore, ricorda i suoi meriti politici, la sua persecuzione giudiziaria, uno spunto per parlare dei magistrati politicizzati, come Ingroia, “che abbiamo sconfitto». «Raffaele, dovevi fare come Nichi: da imputato, lui con i magistrati che lo inquisiscono, ci va amichevolmente a pranzo. Pensate se l’avessi fatto io, che sarebbe successo in Italia?». Sulla fase politica, il Cavaliere parla di situazione “molto grave”. «Sono passati quasi 50 giorni e non abbiamo ancora uno straccio di governo, vi sembra accettabile? La risposta della folla è scontata, anche quando Berlusconi elenca tutte le cariche occupate dal centrosinistra finora. Poi parte il giochino dei candidati al Colle, il Cavaliere li elenca tutti, quello sgraditi, da Ingroia alla Bindi, ma l’esplosione di riprovazione si ha quando fa il nome di Prodi, un coro di fischi. «Peccato, era il mio preferito», scherza Berlusconi, che poi lo bacchetta sulle critiche che il Mortadella s’è permesso di rivolgere alla Thatcher, “proprio lui che aveva chiesto agli italiani una vergognosa tassa per l’Europa”. «Se vince Prodi, andiamo tutti all’estero». Poi Berlusconi torna sul Pd e su Bersani. «Vorrebbe fare un governo da solo chiedendo a noi di restare fuori, vuole i nostri voti ma senza farci entrare al governo, ignorando dieci milioni di voti. Siamo assennati, siamo moderati, ma non abbiamo l’anello al naso, noi non siamo qui a pettinare le bambole». Poi elenca le proposte del Pdl sull’abolizione dell’Imu, del mostro di Equitalia, meno tasse, il quoziente famigliare, la detassazione del lavoro. «Noi faremo intese solo con la garanzia dello sviluppo, dei nostri punti per far ripartire l’economia…». Berlusconi ripete il suo mantra: «O facciamo un governo stabile con Bersani o si va al voto: nei sondaggi siamo al 34%, quattro punti avanti, siamo pronti, io sarò ancora candidato premier se si vota». Poi arrivano le stoccate ai grillini, “dilettanti allo sbaraglio”, a Bersani, che “insegue Grillo”, nuovi incitamenti alla gente, “hanno paura di voi, non di me”. «Se pensano di metterci nell’angolo e magari farci fare un governicchio si sbagliano proprio, noi non ci stiamo. Le strade sono due, caro Bersani: o accettate di dialogare con noi, di scegliere con noi il capo dello Stato e di formare con noi il nuovo governo oppure si torna a votare. Noi è consentito a nessuno decidere chi è presentabile o no, la sinistra non può ergersi a maestra di morale, siamo noi che dovremmo avere problemi a collaborare con voi. Ma noi siamo pronti a mettere davanti l’interesse dell’Italia. La nostra carica e la nostra passione è superiore all’odio che la sinistra nutre contro di noi, come le nostre proposte per cambiareil Paese che amiamo, vi abbraccio tutti, vi voglio bene e vi chiedo di continuare a volervi bene. Viva il Pdl, viva l’Italia, viva la libertà!».

 

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