L’ultima beffa: Berlusconi condannato per aver violato il segreto istruttorio. Dopo anni di abusi ai suoi danni

7 Mar 2013 12:57 - di Antonella Ambrosioni

Un anno di reclusione per la vicenda dell’intercettazione Fassino-Consorte avvenuta durante la scalata a Bnl da parte di Unipol, pubblicata su Il Giornale quando era ancora coperta dal segreto istruttorio. Due anni e tre mesi al fratello Paolo Berlusconi. Un’altra sentenza si abbatte sul capo del leader del centrodestra all’indomani delle elezioni, a conferma della ripresa di quello che può essere considerato un assedio giudiziario. I giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Milano hanno condannato i fratelli Berlusconi e anche disposto un risarcimento a carico di Silvio e Paolo di 80 mila euro, a favore dell’ex segretario dei Ds Piero Fassino, parte civile al processo. Il danno e la beffa. L’uomo più illegalmente spiato persino dal buco della serratura con un notevole dispendio di mezzi, il leader politico che passerà alla storia come vittima numero uno delle intercettazioni pubblicate suo giornali, viene ora condannato  e obbligato a risarcire l’intercettato Fassino, di cui fu pubblicata la frase “abbiamo una banca”. Un motivo in più per convocare gli elettori del Pdl in piazza nella manifestazione del 23 a Piazza del Popolo contro l’assedio giudiziario. La sentenza arriva peraltro dopo l’assoluzione decretata dai giudici di Roma sulla vicenda Mediatrade. Ora il tifo è tutto per il palazzo di giustizia di Milano, dove entro fine mese è atteso l’esito dell’attacco a tre punte, un tris di sentenze: messa a profitto quella di Unipol, rimangono quella sul caso Ruby e infine il verdetto d’appello su Mediaset e i diritti tv. «Quello che sta accadendo è sotto gli occhi di tutti. Dopo un risultato elettorale straordinario, il protagonista di quel risultato, Silvio Berlusconi, è oggetto di un fuoco giudiziario, mediatico e politico durissimo e concentrico»,  afferma il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone. «Oggi difendere Silvio Berlusconi significa difendere la democrazia, difendere il diritto degli italiani a scegliere i propri rappresentanti, difendere il diritto di un Paese a non vedere rovesciato per via giudiziaria l’esito democraticamente deciso dagli elettori nelle urne». Non manca l’ironia nelle parole del legale del Cav, Piero Longo: «Con il massimo rispetto per i giudici, io dico che non credo che i magistrati non abbiano un sentimento o un sentire». Così ha risposto l’avvocato a chi gli chiedeva se la sentenza di condanna a un anno sia stata una “sentenza politica”. E comunque si dice per nulla sorpreso,«siamo a Milano…». Entrando nel merito, precisa che non c’erano elementi o prove per condannare l’ex premier. Inoltre ha ricordato ai cronisti che pende ancora in cassazione l’istanza di ricusazione di uno dei giudici del collegio che oggi ha condannato il leader del Pdl. «Se venisse accolta – ha spiegato – questa sentenza sarebbe annullata».

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