I grillini sono “figli” di Monti e dei casinisti

20 Feb 2013 20:27 - di Girolamo Fragalà

Saranno quei sondaggi segreti che passano di mano in mano, in modo quasi clandestino, dove i nomi dei partiti sono camuffati, indicati come cavalli, con tanto di percentuali accanto, proprio come si fa con le scommesse ippiche. Oppure saranno le immagini dei comizi affollati. Sta di fatto che ora in tanti temono Grillo. E sono gli stessi che, per mesi, sono stati volontariamente o involontariamente suoi alleati. Di chi è la colpa se, a pochi giorni dal voto, esiste il rischio dello tsunami che, come ogni evento catastrofico, finisce solo per distruggere? Di chi è la colpa se un comico che sale sul palco solo per insultare, può trovarsi con una nutrita pattuglia di parlamentari provenienti magari dai centri sociali? Facile, di Monti e dei suoi laudatores. In primis perché hanno raccontato che i tecnici erano migliori dei politici. Visto che sono stati proprio i tecnici a mettere in mutande tre quarti d’Italia, se 1+1 fa 2 significa che con i politici avrebbero fatto di peggio. Quindi, l’errore dei Casini e dei casinisti, tanto per citare un esempio, è stato madornale, ha delegittimato le istituzioni e l’unico motivo era il rancore personale nei confronti di Berlusconi. Nello stesso errore sono caduti i “grandi” giornali che hanno raccontato per mesi la balla che Monti era l’uomo dei miracoli, santificandolo anche quando infilava la forchetta in un piatto di spaghetti. Il giochetto ha causato una perdita di credibilità anche dell’informazione. Ma il maggior responsabile è proprio il Professore e non solo perché ha causato una depressione economica e psicologica. Ma anche perché in questa campagna elettorale è stato il peggiore, ha detto tutto e il contrario di tutto, ha scopiazzato gli avversari, ha ipotizzato alleanze. E soprattutto, l’unica cosa che sembrava fondamentale, era il suo “futuro”, la discussione su cosa avrebbe fatto da grande. Una discussione stucchevole, prima era l’unto dal Signore per fare il bis a Palazzo Chigi, poi il ministro dell’Economia, poi il presidente del Senato… il punto cruciale della campagna del “centrino” era l’ufficio collocamento del Professore. E anche nelle ultime ore si è ripetuta la stessa scena: «Io al Quirinale? Non ho la minima idea. Ma non mi sono ingraziato quelli che parteciperanno all’elezione. Mi dicono – ha aggiunto – che se io me ne stessi tranquillo sarei tra i più accreditati a diventare presidente della Repubblica ma non ho idea se ci siano ancora delle possibilità». In un momento drammatico per tutti, dove non c’è un euro, la preoccupazione dei centristi (e della Merkel) è cosa farà Monti. Con la gente che in risposta lo manda a quel paese. E con Grillo che ne approfitta per incamerare i voti di chi s’illude che il comico sia migliore. Il Pd lo sta capendo, anche se in ritardo. E ha un altro cruccio: alla fine, l’elettore incavolato potrebbe decidere di non affidare il proprio destino a chi sa solo urlare “nano” nei comizi, utillizzando il repertorio comico senza avere uno straccio di idea su come governare. E quindi scegliere chi le proposte, piaccia o meno, le ha fatte. Perché, gratta gratta, solo il centrodestra non è stato alleato di Grillo.

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