Legge elettorale col premio variabile?
Lo zampino di Calderoli spunta di nuovo, sulla legge elettorale, quasi come se l’estensore del Porcellum volesse farsi perdonare per quel testo che da anni, ormai, è considerato il capro espiatorio di tutti i male della democrazia italiana. Anche stavolta, in pieno stallo nella discussione sul premio da dare al primo partito, la proposta del leghista si fa strada aprendo un varco verso l’accordo. Il meccanismo è semplice e simula quello dell’Irpef, che si rimodula in base agli scaglioni di reddito.
Un premio a fasce
Calderoli pensa a un “bonus” al primo partito diviso per “scaglioni”. Nella sua nuova ipotesi al primo partito che prende tra il 25 e il 30% dei seggi andrebbe un premio di aggregabilità del 15% dei seggi conseguiti; a chi è tra il 30 e 35% dei seggi il 20%; a chi è tra il 35 e il 40% il 25% e a chi è oltre il 40 il 30%.
Per quanto riguarda l’ultimo “scaglione” il 30% dei seggi conseguiti da chi supera il 40% corrisponde al 12-12,5%, la stessa quota del premio di maggioranza (previsto, però, alla coalizione) del testo Malan. A margine della seduta della
commissione Affari Costituzionali al Senato il senatore
Calderoli ha anche ipotizzato che il “premietto” per scaglioni possa andare non alla prima lista ma alla “o coalizione di liste”. In questo modo, per fare un esempio, sondaggi alla mano, Pd e Sel potrebbero garantirsi un bonus del 25% dei seggi conquistati.
Nuovo rinvio in Commissione
Ieri mattina, intanto, la commissione Affari Costituzionali del Senato non ha trattato il tema della legge elettorale ma il lavoro si è concentrato sulle province e l’assemblea costituente (il testo va in aula giovedì). Nella seduta di ieri pomeriggio si è invece trattato l’argomento della riforma del sistema di voto ma per la parte riguardante le minoranze linguistiche. Ma a palazzo Madama la proposta suscita interesse e viene momentaneamente accantonata per favorire contatti e approfondimenti. La prima reazione del Pd, per bocca del presidente dei senatori Anna Finocchiaro, è all’insegna della cautela: «Per la governabilità del Paese sono centrali il premio alla coalizione e al primo partito. Se nessuno prende la maggioranza deve esserci comunque un forte baricentro attorno al quale costruire una maggioranza coesa». E questa sembra un’apertura, confermata dall’apprezzamento per lo «spirito» della proposta dell’ex ministro della Semplificazione. Però arriva la precisazione: «Per noi – sottolinea la Finocchiaro – il premio dovrebbe essere sopra il 30%. Lo scenario è certamente spigoloso, ma vogliamo tener viva la possibilità di tornare a discutere, anche se la nostra disponibilità è stata più volte tradita in questi mesi». Dal segretario Bersani arriva invece l’ironia: «Calderoli? Sono già diventati due-tre lodi. Si va da Lodi a Melegnano con grande facilità. Ogni ora e mezza cambiano le proposte», ha detto. «Spero di essere creduto dopo le prove che abbiamo dato quando affermo che vogliamo una legge elettorale per l’Italia e non per il Pd. Sia chiaro che il Pd non potrebbe accettare soluzioni che dichiarassero in anticipo che l’Italia non è governabile».
Il Pdl frena sui numeri
Il confronto torna, quindi, sui numeri. Al Pdl, invece, il 20% non dispiace. «Secondo me – argomenta il capogruppo Maurizio Gasparri – il “premietto” è qualcosa che già in natura non esiste, e nemmeno nella dottrina costituzionale: quindi se Calderoli propone un premio del 20% dei seggi al partito che ottiene più voti, mi sembra una concessione generosissima. Io sarei contrario al “premietto”, che in pratica è un regalo, ma se serve a sbloccare la situazione ci si può ragionare». Il compagno di partito e di area, nonchè coordinatore Pdl Ignazio La Russa, invece, mette decisamente in guardia: «No a norme che minano il bipolarismo. Capisco l’intento dei senatori del Pdl in commissione Affari costituzionali di rendere chiara la loro volontà di venire incontro alle richieste della sinistra per evitare che resti il Porcellum senza che siano evidenti le responsabilità.
Tuttavia dopo il no del Pd alla più che generosa proposta di Calderoli, ribadisco che non è concepibile accoppiare al premio di governabilità alla coalizione vincente un incomprensibile premio al primo partito ove nessuna coalizione raggiunga un risultato apprezzabile». Piuttosto, suggerisce l’ex ministro della Difesa, «si abbassi il limite da raggiungere per avere il premio di maggioranza ma non si inseriscano norme che vogliono minare il bipolarismo e consegnare alla trattativa privata tra i partiti, dopo le elezioni, il futuro dell’Italia. Su questo alla Camera, se sarà necessario, ci batteremo in tanti e con tutte le possibilità offerte dai regolamenti parlamentari». Il vice capogruppo Gaetano Quagliariello saluta la proposta di compromesso di Calderoli, chiedendo però al Pd di non confondere due piani: «Il premio di governabilità al 12,5% -afferma- serve a sapere la sera delle elezioni chi governerà, come vuole il Pd. Ma sotto la soglia minima per ottenerlo, la governabilità non c’entra nulla perchè a quel punto il governo va fatto in Parlamento. Sotto la soglia- conclude Quagliariello- il premio si chiama non di governabilità ma di aggregazione e potrebbe anche porre dei problemi, complicare le cose».
La mediazione di Vizzini
Il presidente della commissione Affari costituzionali Carlo Vizzini, prova a riassumere come un «passo di lato» lo sviluppo di ieri, nel senso che grazie alla mediazione della Lega «è stata portata all’attenzione della commissione una parte del discorso che si era sviluppata all’esterno» e «si è deciso di fare un approfondimento». La preoccupazione principale, precisa, «è che gli approfondimenti non si rivelino strumenti per un rinvio».