Squinzi si arrende a un passo dal rogo

9 Lug 2012 20:18 - di

Nell’Italia di Monti c’è uno strano concetto di democrazia: criticare il premier è quasi un crimine, ogni parola può ritorcersi contro chi la pronuncia, si rischia di finire al rogo o davanti a un plotone di esecuzione. Perché la storia maledetta dello spread va in qualche modo modificata. Negli ultimi mesi del 2011, quando si cominciavano a vedere le prime luci natalizie, a ridosso tra ottobre e novembre, se lo spread volava alto la colpa era di Berlusconi. Ora, nel caldo afoso dell’estate, se vola è colpa di chi critica Monti. E chi critica Monti si becca pure l’indifferenza di Bersani e la difesa (un po’ a sfottò) di Casini. Il che è di per sé una mortificazione. È stato Squinzi a farne le spese: il presidente di Confindustria aveva osato sottolineare alcuni errori della spending review, «potenziale fonte di macelleria sociale», e Monti ha replicato che sono frasi come queste a far salire lo spread. Da quel momento si è aperta la “caccia a Squinzi” fino a quando lo stesso Squinzi ha dovuto arrendersi, dicendo di essere stato equivocato. Nonostante questo, lo spread è volato fino a 487 punti per poi ripiegare e quindi risalire nuovamente a quota 478.

Due pesi e due misure
Tirando le somme si può dire, stando a Palazzo Chigi, che lo scorso anno chi stava con Berlusconi provocava un terremoto, mentre adesso a provocare il terremoto è si permette di dissentire dalle ricette di Monti. E evidente però che il governo dei tecnici non sembra voler trarre le stesse conclusioni: allora il Cavaliere denunciò il commissariamento dello spread e dei poteri forti e si dimise pur non essendo mai stato sfiduciato, oggi Monti, più o meno con lo stesso differenziale di allora tra Btp e Bund, agisce esattamente nel modo opposto. Anzi rivendica gli sforzi che il suo governo sta facendo per superare la crisi. Sforzi che stanno pagando tutti gli italiani e che, almeno per il momento, non sembrano dare i risultati sperati.

L’alleanza Confindustra-Camusso
Il presidente degli industriali e la segretaria generale della Cgil si incontrano a Serravalle Pistoiese, dibattono sulle scelte di politica economica del governo e ne condividono le critiche. A una Camusso che parla di «esecutivo che non concerta» e di «scelta miope e supponente», gli fa eco Squinzi che sulla spending review accenna appena un giudizio migliore di quello del sindacato («un buon inizio») ma su tutto il resto, applauditissimo dai presenti, dice di condividere praticamente tutto, «al cento per cento». Una strana alleanza che dovrebbe portare il presidente del Consiglio a fare qualche riflessione, invece di lasciarsi andare a una polemica di basso profilo, perché arriva dal titolare della nostra politica economica e tende a dare la colpa dei risultati ottenuti a chi non decide ma esegue. “Zero tituli” per il governo, quindi. Opposizioni e parti sociali nulla fanno se non il proprio mestiere. Ed è grave che gli organi di stampa non denuncino questo tentativo di Palazzo Chigi di spostare l’attenzione degli italiani su chi non decide sullo spread ma ne sopporta sicuramente le conseguenze.

La retromarcia di Squinzi
Monti, comunque, al di là di quelle che sono le considerazioni vere sui problemi, qualche risultato sembra averlo ottenuto, almeno dal suo punto di vista. Luca Cordero di Montezemolo, che in Confindustria ha preceduto Squinzi e la Marcegaglia, non ha perso l’occasione per schierarsi con il premier e bacchettare l’attuale presidente degli industriali. «Le frasi di Squinzi – ha detto – fanno male al Paese e alle imprese». Una posizione fatta in qualche modo propria dall’opposizione in sede a Viale dell’Astronomia che ha suonato la grancassa fino a spingere il proprio presidente a fare una sorta di retromarcia. Con la Cgil? «Non c’è nessun asse». E le polemiche con il governo? «Costruite sulla base di frasi decontestualizzate». E le battute contro il governo? Anche queste sono state un abbaglio estivo dei giornalisti. «Ho sempre apprezzato Monti – dice Squinzi – e non ho mai detto il contrario». Confindustria è pronta a «collaborare con la Fornero per migliorare la riforma del lavoro». Personalmente, aggiunge, «apprezzo quello che questo governo sta facendo». Anche sulla spending review? Anche. Insomma, un mea culpa su tutto il fronte. Completato dall’affermazione: «Non sono le mie dichiarazioni a far salire lo spread». Un punto di vista che, ne siamo certi, non dispiace nemmeno a Palazzo Chigi. Adesso che si è iscritto al partito di Monti, Squinzi non produce più nessun danno.

Mutui col contagocce
L’accesso al credito si fa sempre più difficile. Lo denunciano le imprese, soprattutto medie e piccole, che non riescono a reperire risorse. Ma soffrono anche le famiglie. Le banche che hanno attinto a tassi agevolati alla liquidità della Bce, invece di trasferirla ad aziende e produttori  acquistano titoli pubblici nel tentativo di arginare la crescita dello spread. Si muovono in questo senso sollecitate dalla Banca d’Italia e finora hanno investito qualche cosa come 30 miliardi al mese. Ma adesso, questa scelta sta facendo pagare un costo altissimo all’economia. Nel primo trimestre del 2012, segnalano Assofin Crif e Prometeia nella trentaduesima edizione dell’Osservatorio sul credito al dettaglio, i mutui immobiliari per acquisto di abitazioni hanno registrato una flessione del 47 per cento. Il che equivale a dire che le compravendite di immobili si sono dimezzate. Diminuiscono anche le erogazioni di credito al consumo (-2,2 per cento nel 2011 e -11 per cento nei primi tre mesi del 2012). E sarà così ancora per il resto dell’anno e per tutto il 2013. La crescita dei finanziamenti, sia pure a livelli molto modesti, arriverà soltanto nel 2014 quando dovrebbe far segnare un più 1,4 per cento. Tutto il settore immobiliare è in difficoltà: la compravendita di immobili è al palo, ma al palo sono anche i mutui per ristrutturazione, liquidità, consolidamento del debito, surroga e sostituzione che, nel 2011, hanno fatto segnare una flessione del 24,9 per cento e nei primi tre mesi di quest’anno si è segnalato per un vero e proprio crollo, l’80 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011.

Commenti