Freda scrive su “Libero” Allora, dov’è lo scandalo?
Ha esordito a giugno come opinionista di “Libero” e, a un mese di distanza, è già scandalo. Parliamo di Franco Freda, cui è stata affidata da Maurizio Belpietro la rubrica “L’Inattuale”, partita lo scorso 8 giugno con una risposta a Marcello Veneziani e al suo appello “Ritorno ad Itaca”. In quel suo esordio Freda sosteneva che la destra deve puntare ad essere testimone di valori eterni. Nell’ultima rubrica uscita si sofferma sulle massime greche “Conosci te stesso” e “Nulla di troppo”, la seconda a suo avviso molto più importante della prima e ingiustamente negletta. Nulla di pericoloso socialmente o politicamente. Eppure i suoi scritti non sono passati inosservati perché secondo alcuni l’ex ideologo nero, il “mostro” di Piazza Fontana (accusa caduta, peraltro, come confermato dalla Cassazione), l’autore de La disintegrazione del sistema non dovrebbe scrivere su un quotidiano. Ad indignarsi per primo è stato Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980, anche se Freda con quella strage nulla ha a che fare. Ieri la notizia è stata rilanciata dal quotidiano online Lettera 43, che così commenta: «Se nessuno s’è preso Freda come editorialista ci sarà un motivo; perfino Gianni Alemanno negò la sala del Comune per la presentazione di un libro di Nietzsche edito dalla società del neofascista».
L’episodio è reale: si doveva presentare in Campidoglio un libro delle edizioni di Ar, un titolo che è ridicolo ritenere offensivo per le vittime del terrorismo, si trattava infatti di una nuova traduzione dell’Also sprach Zarathustra di Nietzsche. Inoltre, l’articolo di Lettera 43 segnala anche malumori tra i redattori per l’acquisizione di una firma così “ingombrante” come quella di Franco Freda (il quale pochi mesi fa è stato intervistato da Sette, il magazine del Corriere, senza che nessuno si sentisse in dovere di lanciare allarmi). Ma non si vuole qui aggirare il problema: Freda può essere titolare di una rubrica? Sì. Perché se la rubrica non piace non avrà successo e i lettori non compreranno più quel quotidiano. Si tratta di dosare la legge di mercato con le garanzie costituzionali sulla libertà di opinione. Il veto ideologico (mascherato da diktat etico) appartiene a un passato che infine dovrà passare, sia verso personaggi come Freda sia verso i “cattivi maestri” che ispirarono la violenza di sinistra.