Il voto di Atene salva (per ora) l’eurozona

18 Giu 2012 20:30 - di

Il presidente greco Papollias ha conferito al leader di Nea Dimokratia (partito che ha vinto le elezioni di Atene con il 29,6% ottenendo 129 seggi) Samaras l’incarico di formare un nuovo governo. Il leader di Nd ha dichiarato che è “lapalissiana” la necessità di un cambiamento della politica della troika riferendosi alla necessità di rinegoziare il piano di austerità. Tramonta però l’ipotesi di un governo di grande coalizione visto che il leader di Syriza, Alexis Tsipras, ha confermato che il suo partito non intende far parte dell’esecutivo. Syriza ha ottenuto il 26,8%, Pasok il 12,2%, mentre gli estremisti di Alba Dorata hanno avuto il 6,9% e manderanno in Parlamento 18 rappresentanti. Un voto a favore dell’euro, dunque, ma che restituisce un paese pur sempre spaccato sui sacrifici che attendono il popolo greco.
Il risultato, salutato con un sospiro di sollievo da parte dei leader europei, ha fornito un po’ di balsamo per i problemi dell’eurozona ma non ha risolto tutti i nodi sul tappeto. Da più parti si era parlato di un allungamento dei tempi del risanamento che il governo di Atene dovrà attuare ed era sembrato che anche la Germania fosse disponibile ad una liena più morbida, ma ieri è arrivata da Berlino una prima doccia fredda: «Non ci sono margini per rinegoziare in termini del salvataggio concesso dall’Unione Europea alla Grecia», ha ribadito la cancelliera tedesca Angela Merkel a margine degli incontri del G20.
Il paese resta sotto speciale sorveglianza: la decisione dell’Eurogruppo di fare tornare la troika Ue-Bce-Fmi ad Atene per valutare i progressi fatti nella ristrutturazione dei conti congela di fatto la prossima tranche di aiuti per 31,2 miliardi di euro del secondo programma di aiuti ad Atene, in quanto la lega a questa valutazione. Non dovrebbero esserci invece problemi per il miliardo di euro che resta dall’ultima tranche del primo programma di aiuti: la decisione politica dell’Eurogruppo è già stata presa.
L’Eurogruppo ha ribadito il proprio impegno ad assistere la Grecia, ma ha chiesto la rapida formazione di un governo per terminare il rispetto del programma concordato e ha poi annunciato che la troika ritornerà ad Atene «appena il nuovo governo si sarà formato per avere uno scambio di vedute sulle mosse future e per preparare il primo rapporto nell’ambito del secondo programma di aggiustamento».
La prossima scadenza a cui la Grecia deve fare fronte a livello di mercati è il rimborso di titoli per 3,8 miliardi di euro, che scadono nella terza settimana di agosto.
Il governo di Antonis Samaras tenterà di cambiare alcune parti del piano di austerità siglato con la comunità internazionale, particolarmente pesanti per i greci. Tra i punti “caldi” i tagli alla spesa e le pensioni: la Grecia vuole più tempo per attuare i tagli alla spesa pubblica di 11,7 miliardi di euro per il 2013 e il 2014, così da non soffocare una possibile ripresa economica. Samaras ha detto che i tagli dovrebbero essere spalmati fino al 2016, e il leader socialista Evangelos Venizelos ha parlato del 2017. Secondo l’accordo, la Grecia deve attuare i tagli per ridurre il deficit di bilancio al 2,1% del Pil nel 2014. Per quanto riguarda le pensioni Samaras vuole spendere 650 milioni di euro extra per riportare le pensioni più basse ai livelli del 2009 e dare aiuti agli agricoltori, agli addetti delle forze dell’ordine, a famiglie con molti figli colpite dalla crisi.
Samaras ha anche annunciato di voler abbassare le tasse per le imprese il prossimo anno, dal 20% attuale al 15%. Vuole anche la riduzione graduale in tre anni dell’Iva al 19%, dal 23% dove è arrivata. Il nuovo premier intende anche abbassare l’aliquota più alta per i redditi più alti dal 45 al 32%, gradualmente. Inoltre, è intenzionato a mettere un tetto al peso fiscale complessivo per le famiglie, innalzando la soglia dell’esenzione fiscale individuale da 5.000 a 10.000 euro all’anno, nell’arco di due anni.
Sia ND che il Pasok (il partito socialista) vogliono rafforzare i contratti di lavoro collettivi (che il memorandum vuole drasticamente limitare) e ricreare protezioni per i lavoratori in un mercato del lavoro che si rimpicciolisce. ND dice no ad altri tagli agli stipendi nel settore privato dopo quelli già attuati alla luce dell’intesa con la troika.
Nea Dimokratia e socialisti vogliono compensazioni per alcune categorie che avevano investito i propri risparmi in titoli di Stato greci, solo per vederne il valore tagliato del 75% nell’ambito della ristrutturazione del debito, qualche mese fa. I creditori della Grecia sono fortemente contrari a trattamenti speciali per alcuni tipi di possessori di bond.
Un altro punto controverso è quello dei licenziamenti nel settore pubblico: secondo il memorandum, la Grecia deve liberarsi di 150.000 impiegati del settore pubblico entro il 2015, assumendone uno nuovo ogni 10 pensionati. Almeno 15.000 dipendenti pubblici dovrebbero essere licenziati dopo essere stati per un anno in una sorta di cassa integrazione, ricevendo uno stipendio base. ND vuole che questi 15.000 ricevano uno stipendio pieno e contributi per tre anni invece che per uno, come vuole il piano.
In Italia il primo a rallegrarsi per l’esito del voto greco è stato Mario Monti, che ha parlato di “segnale importante per l’Europa”. Soddisfazione anche da parte del leader del Pd Pierluigi Bersani, che tuttavia invoca la necessità di una svolta: «Gli esiti delle elezioni in Francia e in Grecia ci dicono una cosa chiara: euro sì ma non così». «Mi pare – spiega Bersani – che pur in situazioni diverse, i risultati mettono l’Europa davanti
all’esigenza di un cambio di passo che riceve una spinta evidente dalle elezioni francesi e che può essere la condizione per una discussione realistica e positiva con la Grecia, tale da rendere effettivamente gestibili gli impegni a cui la Grecia deve corrispondere».
Il Pdl parla per bocca del vice capogruppo alla Camera Osvaldo Napoli: «Il 72% dei greci, secondo un sondaggio di fine maggio, vuole restare nell’euro. Il nuovo governo di area moderata non potrà ignorare questo dato». «Il popolo greco – aggiunge Sandro Bondi – ha espresso al cospetto dell’Europa e del mondo una lezione di nobiltà e di saggezza. Ora tocca all’Europa dimostrare una analoga nobiltà morale e saggezza politica.» E Cicchitto aggiunge che sarebbero catastrofiche le consgeuenze di un ritrono alla dracma della Grecia così come dell’Italia alla lira.

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