A Verona, dove si sperimentano nuovi percorsi
A Bergamo, alla giornata dell’orgoglio padano, lui non c’è andato. «Resto a Verona a fare campagna elettorale», ha spiegato Flavio Tosi, che il 6 e il 7 maggio si gioca la rielezione a primo cittadino con altri otto candidati. Appena tre settimane fa era dato nei sondaggi tra il 45 e il 48% e secondo diversi osservatori puntava alla conferma al primo turno. Complici i risultati del primo mandato, ma anche la spaccatura che si è registrata all’interno del Pdl che ha fatto di Verona un caso. In quattordici sono stati sospesi da Angelino Alfano per aver annunciato che avrebbero sostenuto il sindaco uscente, anche dopo che quest’ultimo aveva rotto l’alleanza scegliendo di correre per conto proprio. Un terremoto, sia nel Pdl sia in vista della politica prossima ventura. La rottura con la Lega, infatti, ha portato il Pdl locale ad allearsi con Fli, Udc, Nuovo Psi e una lista civica a sostegno del candidato Luigi Castelletti, avvocato, già consigliere provinciale a Verona, e poi presidente del Consorzio zona industriale e dell’Ente Fiera. Oggi vicepresidente vicario di Unicredit. Un esponente di peso della società civile, insomma, intorno al quale, secondo alcuni, si sono create le condizioni per sperimentare nuovi equilibri.
Il precipitare dell’alleanza Pdl-Lega, dunque, aveva fatto di Verona un possibile laboratorio per il Polo dei moderati, quel grande soggetto politico di cui molto si è parlato nei mesi scorsi e che poi è uscito dai riflettori per le urgenze della crisi. E questo già prima dell’altro terremoto, quello leghista, che fa ancora di più della città una piazza da tenere d’occhio, non solo in chiave amministrativa. Non è detto, infatti, che Tosi ne paghi lo scotto.
La campagna elettorale non cambia di molto. «Noi andiamo avanti per la nostra strada», spiega il coordinatore cittadino del Pdl, Davide Bendinelli, chiarendo che il partito ha fatto una scelta di fair play: «Non speculiamo sulle disgrazie altrui, cerchiamo di proporre il nostro progetto ai cittadini, incuranti di quello che succede. Noi continuiamo a parlare di sociale, di famiglia, di tessuto produttivo. Poi, certo, saranno gli elettori a riflettere, a pensare anche alla luce di quello che sta succedendo». Il problema è, e tutti ne sono consapevoli, che quello che sta succedendo investe la politica nella sua interezza e che poco importa che siano il Pd o la Lega a essere al centro della bufera, alla fine a essere colpiti sono in qualche modo tutti i partiti. Si punta tutto, in queste amministrative, sulle persone. Tosi, a Verona, è persona credibile al pari di Castelletti, ma con in più il portato di un’amministrazione che tutti riconoscono essere stata positiva (e della quale, c’è da ricordare, anche il Pdl può giovarsi, avendone fatto parte a pieno titolo). Tosi, a Verona, è prima di tutto il giovane amministratore che bene ha fatto, solo in parte è l’uomo della Lega finita nel tritacarne. Contribuisce a questa immagine anche il suo essere un maroniano di ferro, non associato direttamente a Umberto Bossi, non contaminato dagli influssi del Cerchio magico e anzi capace di imporsi agli apparati di partito anche rischiando la frizione.
Quando per queste elezioni la Lega decise la messa al bando delle liste del sindaco, il veronese riuscì a spuntarla e ora fra le otto civiche che lo appoggiano ce n’è anche una “Tosi”, caso unico nel Carroccio.
Tosi è, all’interno dei padani, il volto di quel rinnovamento che ora tutti chiedono a gran voce e che può ricompattare anche una base tramortita, delusa, ferita in quell’orgoglio che ieri ha sentito la necessità di rivendicare. Non a caso Roberto Maroni non fa che ripeterlo: il futuro sono «i Tosi, i Cota, gli Zaia». Sono, come ha detto anche ieri, «i quarantenni con vent’anni di Lega alle spalle, esperienza di amministrazione, equilibrio, maturità». «Io stesso – ha proseguito – sono stato buttato a 37 anni a fare il parlamentare e dopo due anni ero ministro dell’Interno. Mi sarei potuto schiantare se non avessi avuto, oltre alla fortuna, la capacità. La Lega – ha concluso Maroni – deve tornare a essere il partito dove chi ha meriti emerge». E Tosi è emerso eccome, attestandosi in questi anni in cima a tutte le classifiche dei sindaci più amati. Paradossalmente il gran disastro padano per Tosi potrebbe rivelarsi un volano: la speranza, per i leghisti, ora abita a Verona. Per questo forse il sindaco uscente ieri ha ritenuto di rivendicarlo in città il suo orgoglio di appartenenza, perché sa che qui ci si gioca una partita che va al di là del territorio, per le questioni interne al partito e per quello che il partito farà passata la buriana.
Se Maroni conquista la segreteria, come sembra, e Tosi la città, come spera, di fatto la Lega sarà in mano a una coppia di ferro che ha già dato segnali chiari di voler cambiare passo, non solo nella gestione dei bilanci.
A più riprese in questi giorni Maroni ha ricordato che il congresso d’autunno non servirà solo a eleggere il nuovo segretario, ma anche a «stabilire le alleanze per il Parlamento, perché un conto sono le amministrative, altro sono le politiche». Quali alleanze però Maroni non l’ha voluto in alcun modo anticipare, limitandosi a parlare della necessità di portare avanti il progetto della «grande Lega», che si può immaginare come una Lega in grado di condizionare gli equilibri politici, una sorta di centro verde da spostare dove si ritiene più conveniente. Del resto, non sarebbe nemmeno la prima volta per i padani e forse non sarebbe nemmeno la più dolorosa. Senza Bossi al vertice della Lega e senza Berlusconi alla guida del Pdl anche quel vincolo di amicizia che per anni aveva cementato il sodalizio con l’«alleato più fedele» viene meno. Ieri Alfano ha ricordato che «con Maroni c’è sempre stato un ottimo rapporto: non c’è ragione per cui non debba esserci in futuro». Ma in questi giorni molti hanno ricordato che buoni rapporti Maroni li ha anche con esponenti di spicco del centrosinistra, mentre a Verona già si sperimentano geometrie variabili compresa la sorprendente presenza tra le liste che sostengono Tosi di Alleanza per Verona, ovvero dell’Api di Francesco Rutelli.