Legge elettorale, l’intesa tra i poli ora è più lontana
Le distanze sono enormi e proprio sul punto centrale: la legge elettorale. Lo ammette, senza parafrasi, il presidente della Commissioni Affari costituzionali della Camera Donato Bruno, a conclusione del primo round di incontri organizzati dal Pdl. «Sulle riforme costituzionali qualche convergenza c’è, soprattutto sulla necessità di ridurre il numero dei parlamentari, ma sul modello di legge elettorale da adottare restiamo distanti». Si va avanti, ma con un orizzonte sempre più stretto nel quale si intravede, a distanza siderale, solo un “Porcellum” da sacrificare.
Il Pdl non demorde
Donato Bruno, Ignazio La Russa e Gaetano Quagliariello, incaricati dal partito di sondare il terreno e raccogliere i suggerimenti e i contributi dei vari partiti, sono orientati a realizzare prima le riforme istituzionali e poi (dopo che l’iter di queste sarà avviato) dare il via alla riforma elettorale. Anche il Terzo Polo, raccontano, condivide la necessità di dare la precedenza alle riforme costituzionali, mentre il Pd insiste per mettere mano prima al “Porcellum”. Sulla legge elettorale ieri il Pdl ha fatto un primo bilancio. Nel primo pomeriggio, nella Sala Colletti di Montecitorio, si è riunita l’assemblea del gruppo alla Camera (non c’era Angelino Alfano), su iniziativa di Fabrizio Cicchitto. Il capogruppo ha fatto una dettagliata relazione sul tema. Sono poi intervenuti Quagliariello e Bruno. Sono state sviscerate tutte le opzioni sul tavolo e probabilmente sarà necessario un nuovo round di consultazioni per tirare le somme: la prossima settimana ci potrebbe essere un vertice tra i leader per entrare nel merito e approfondire le singole questioni. Restano – raccontano – le divisioni sui collegi e le preferenze: tutti d’accordo, invece, sul fatto che bisogna trovare una formula che garantisca ai cittadini la possibilità di eleggere direttamente i propri candidati. «L’iter per una nuova legge elettorale e quello della riforma istituzionale possono avere percorsi paralleli, a patto che vi sia accordo sulle direttrici di entrambe le riforme», ha spiegato ieri il coordinatore nazionale del Pdl Ignazio La Russa aggiungendo che «se poi risultasse impossibile cambiare la Costituzione, a mio modo di vedere, in ogni caso occorrerebbe modificare l’attuale legge elettorale almeno nel punto in cui non consente ai cittadini di scegliere i propri deputati e senatori».
Il summit del Pd
Ieri pomeriggio in realtà si sono svolte due riunioni in contemporanea, alla stessa ora, nello stesso edificio, per fare il punto sulle riforme. Il Pd al terzo piano del Palazzo dei gruppi nella sala dedicata ad Enrico Berlinguer. Il Pdl al sesto, nel salone dedicato a Lucio Colletti. Entrambi gli uffici di presidenza dei gruppi riuniti di Camera e Senato, dei Democratici e dei pidiellini, hanno ascoltato le rispettive delegazioni di tecnici. «Prima si parte con le riforme costituzionali. Poi si farà la legge elettorale», ha spiegato il responsabile Riforme del Pd Luciano Violante, al termine della riunione interna dei gruppi Pd di Camera e Senato.
«Prima si metterà a punto un testo condiviso che punti su alcune riforme certe, insiste Violante, e una volta che questo comincerà il suo iter al Senato, si comincerà a parlare di legge elettorale». Tra le riforme che Violante definisce “certe”: riduzione del numero dei parlamentari; superamento del bicameralismo perfetto attraverso una sorta di “bicameralismo eventuale” che garantisca tempi certi di votazione dei provvedimenti al Senato; poteri al premier di nomina e revoca dei ministri; sfiducia costruttiva.
Se questo calendario dovesse venire rispettato, sintetizza ancora Violante, di modifica del “Porcellum” non se ne parlerà prima del prossimo autunno. Ieri mattina Violante, Zanda e Bressa hanno incontrato separatamente a Montecitorio le delegazioni della Lega e del Psi e la Federazione della sinistra. Violante, in una intervista all’Unità, in mattinana aveva però anche aperto all’ipotesi di porre uno stop alle coalizioni forzate: «Il sistema bipolare e maggioritario ha consentito di vincere ma non ha consentito di governare. L’obbligo di coalizzarsi, previsto sia dalla legge Mattarella sia dalla legge Calderoli, ha avuto esiti disastrosi. Si sono messi insieme non quanti avevano lo stesso programma di governo ma quanti avevano lo stesso avversario. Poi però chi ha vinto le elezioni non è stato in grado di governare. Il Paese non può più permettersi coalizioni caravanserraglio create per vincere le elezioni ma poi incapaci di governare». L’ex Presidente della Camera è però più ottimista di Bruno sull’esito del confronto: «Se venisse bocciata la riforma costituzionale, le forze politiche sarebbero costrette ad assumersene la responsabilità». Lo sparigliamento di Violante sulla questione delle coalizioni piace a Giorgio Merlo, del Pd, che plaude alla “posizione netta e condivisibile di Violante”. «È inutile continuare a vivere di nostalgie e di passato che hanno già provocato enormi danni per la politica italiana, per la stabilità dei governi e per la formazione di alleanze che tutto potevano fare tranne che governare», afferma il vice presidente della Commissione Vigilanza Rai. «È ora di dire con forza e determinazione – aggiunge – che vanno archiviati definitivamente “mattarellum” e “porcellum”. Sempre che vogliamo fare una legge elettorale che non ci faccia ripiombare nell’ingovernabilità, nel trasformismo e nella confusione». Ma il Pdl, su questo schema da Prima Repubblica, per adesso non segue Violante.
Lo schema di lavoro
A quanto si apprende, la riforma della legge elettorale, su cui le forze politiche stanno discutendo prevede per la Camera 464 seggi da distribuire con un sistema elettorale proporzionale con sbarramento, 12 seggi per l’estero, 14 seggi per il diritto di tribuna dei partiti minori e “la restante parte” dei seggi da assegnare con premio di maggioranza. Verrebbe introdotta la possibilità per i cittadini di scegliere il proprio parlamentare, evitando l’attuale sistema della lista bloccata. La dicitura “restante parte” consentirebbe alla legge elettorale di funzionare sia nell’ipotesi di una riduzione del numero dei parlamentari sia nell’ipotesi di un mantenimento dello status quo dal punto di vista costituzionale. Analogo sistema verrebbe creato per il Senato. La Lega ed il Psi, consultati ieri, sono favorevoli alle riforme costituzionali prospettate. Il Psi propone anche di rendere più stringente l’articolo 49 della Costituzione sull’obbligo di democrazia nella vita interna dei partiti.