Bashir al Assad, l’uomo che non voleva farsi “re” 

3 Feb 2012 18:12 - di

Ore frenetiche per la Siria. Mentre nelle città si svolgono manifestazioni contro il regime di Bashir al Assad, come quella spettacolare di Hama, con tutte le strade dipinte di rosso in ricordo del massacro di oltre trentamila persone trenta anni fa, a opera del padre dell’attuale presidente, Hafez, Lega araba e Nazioni Unite cercano di risolvere la crisi diplomaticamente e convincere il capo dello Stato siriano a lasciare il potere senza ulteriori traumi. Questo perché si esclude in linea generale un intervento armato (la Nato ha già fatto sapere che non si farà), non tanto per la potenza militare della nazione araba, il cui armamento è solido, ma comincia a essere obsoleto, quanto perché probabilmente gli Stati Uniti intendono concentrarsi sul vicino Iran, ben più pericoloso dal punto di vista militare, ma col quale la Casa Bianca ha intenzione di regolare i conti presto.
I membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in queste ore hanno elaborato una nuova versione della bozza di risoluzione arabo-occidentale sulla Siria, nella speranza di trovare un accordo con Mosca e superare la minaccia di un nuovo veto. Il documento ammorbidisce alcuni dei passaggi chiave della precedente versione, elaborata dal Marocco, considerati «inaccettabili» dalla Russia. Tra le altre cose non si fa più riferimento al flusso di armi verso la Siria ed è scomparso anche il paragrafo relativo al cambio di regime. Nella nuova bozza infatti non si fa menzione della cessione dei poteri da Assad al suo vice, e neppure della formazione di un governo di unità nazionale. Inoltre nel testo non compare nemmeno il paragrafo riguardante la possibilità di adottare ulteriori misure in caso le autorità del regime non rispettino i termini della risoluzione. Secondo fonti diplomatiche al Palazzo di Vetro, i Paesi occidentali sarebbero disposti ad andare al voto sul nuovo testo, a condizione però che Mosca si esprima a favore e non si limiti ad astenersi. La Russia non ha ancora dato indicazioni, ma nei giorni scorsi ha assicurato che non vi sarà «alcun ammorbidimento» di atteggiamento. Non è neanche escluso che il Consiglio dell’Onu, su input statunitense, voglia fare un qualche baratto con Mosca su Siria e Iran, ma sono ipotesi.
La cosa certa invece è che Bashir al Assad, figlio di Hafez al Assad, che governò con pugno di ferro e con il partito Ba’th il Paese dal 1971 al 2000, anno della sua morte, non desiderava proprio questo ruolo… Quella di Hafez fu dittatura, regime, non rispetto dei diritti umani, sostegno a certi gruppi eversivi internazionali, certo, ma non va dimenticato che furono i primi trent’anni, per la Siria, di stabilità e crescita istituzionale, dopo decenni di ruenti colpi di Stato e “pronunciamienti” vari. Pochi sanno che in Siria, tutt’oggi è in vigore lo stato di emergenza proclamanto nel …1963. Come si ricorderà, nel 1958 Siria ed Egitto dettero vita alla Rau, Repubblica araba unita, voluta da Nasser, effimera contruzione che durò sino al 1971. L’allora generale Hafez andò in Egitto per trattare la fine dell’unione e fu colà imprigionato per qualche tempo. Liberato, fu nominato comandante dell’aviazione militare sriana dai golpisti del Ba’th che nel frattempo avevano preso il potere. Dopo il discredito gettato sul governo di Damasco dalla Guerra dei Sei Giorni del 1967 e dal mancato intervento nel conflitto giordano-palestinese nel 1970, Assad e i suoi presero il potere in modo incruento, facendo però numerose epurazioni nel partito con la celebre “rivoluzione correttiva”.
Il resto è storia recente: l’entrata in Libano nel 1976, il citato massacro di Hama ai danno della Fratellanza musulmana, i golpe sventati, l’ostilità verso Arafat. Numerosi membri della famiglia più ristretta di al-Assad vennero inseriti nei gangli del potere, con incarichi e funzioni all’interno del governo dal momento in cui egli assunse il potere. Oggi è pressoché impossibile dividere lo Stato siriano dalla famiglia Assad, tanto sono intrecciati, si favoleggia anche di grossi conti correnti bancari di membri della famiglia depositati al sicuro, ma di questo non ci sono al momento riscontri.
Hafez aveva previsto, pur essendo la Siria una Repubblica, la sua successione nel figlio Basil, mentre il tranquillo Bashir studiava per diventare medico, ma nel 1994 Basil morì in un incidente d’auto. Questo cambiò tutte le prospettive, e in particolare quelle del giovane Bashir, il quale racconta che col padre non parlò mai e poi mai di politica, e che nel suo studio presidenziale entrò una volta sola in tutta la sua vita.
Bashir è nato nel settembre del 1965, e dunque, alla morte del padre aveva 35 anni. Fu cambiata la Costituzione per consentirgli di diventare presidente. Ha altri due fratelli, oltre allo scomparso Basil, Maher e Bushra. Di carattere estremamente riservato, ha studiato alle scuole arabo-francesi di Damasco. Nel 1988 si laureò in medicina e andò a lavorare all’ospedale militare di Damasco per svolgere il tirocinio. Successivamente andà al St Mary Hospital di Londra per conseguire la specializzazione in oftalmologia, ma subentrò l’improvvisa morte del fratello. Il padre allora lo fece frettolosamente entrare all’Accademia militare di Homs, oggi una delle roccheforti della rivolta, dove in pochi anni divenne colonnello, e l’istruì sulla difficile arte del governo. Hafez morì nel 2000 colpito da un infarto mentre era al telefono con il presidente libanese Emil Lahoud, messo proprio dalla Siria ai vertici di Beirut.
Bashir, che nel frattempo aveva sposato la bellissima Asma, siriana che viveva a Londra, dalla quale ha avuto tre figli, fu eletto con un ampio consenso (il 97 per cento), e iniziò la sua presidenza con alcune riforme, una campagna contro la corruzione. Nel 2001 introdusse internet in Siria, dimostrando uno spirito certo più liberale del padre. Liberò molti prigionieri politici e chiuse anche una delle carceri più famigerate del Paese. In economia fece una limitata liberalizzazione, ma mantenendo sempre uno stretto controllo statale sull’industria. Mise gli alauiti al controllo dei servizi segreti civili e militari. Di lui ricordiamo in particolare due cose, tutte e due legate a Giovanni Paolo II. Nel 2001, quando il Papa visitò la Siria, lui gli chiese le scuse dei cristiani per le croviale mediovali. La seconda, è l’immagine, ai funerali dello stesso Papa, nel 2005, strinse brevemente la mano al presidente israeliano Moshe Katsav. Gesto senza significato o forse con molti significati. Di sicuro non potrà completare quello che aveva in animo di fare, qualunque cosa fosse.

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