Amava le veline e odiava Berlusconi: in manette il sindaco di Rifondazione
Paolo Ferrero giura di averlo mollato da un pezzo. «Il partito della Rifondazione Comunista ha immediatamente sospeso chi ha ricevuto avvisi di garanzia già nel mese di novembre e abbiamo chiesto pubblicamente a Orfeo Goracci di dimettersi dalla sua carica di vicepresidente del Consiglio regionale dell’Umbria in quanto chi è indagato non deve – a nostro parere – ricoprire incarichi istituzionali». Così il segretario di Rifondazione comunista ritiene di avere liquidato l’arresto dell’ex sindaco di Gubbio. Eppure c’è stato un tempo in cui Goracci era l’astro nascente del partito. Nel maggio 2006 Goracci vantava a Gubbio il «dato storico» per Rifondazione comunista che, con il suo 25,74 per cento, era «per la prima volta il primo partito della città: in nessuna città d’Italia sopra i 30.000 abitanti Rifondazione – vantava Goracci – è il primo partito in assoluto, mentre l’ Ulivo (Ds insieme a Margherita) è fermo al 23 per cento».
Altri tempi. Ieri l’ex sindaco di Gubbio è stato arrestato con altre otto persone su disposizione del gip di Perugia. Sono tutte accusate – nelle loro qualità di primo cittadino, amministratori e tecnici comunali – di aver dato vita e partecipato ad una associazione per delinquere, attiva dal 2002 «ed ancora in essere», che avrebbe instaurato «un clima di intimidazione e di paura», emarginando, danneggiando, minacciando le persone «invise o ostili» al sodalizio e «piegando lo svolgimento delle pubbliche funzioni all’interesse privato». Un’associazione, si legge nel capo di imputazione, finalizzata a commettere «una serie indeterminata» di reati di abuso d’ufficio, concussione, falso in atti pubblici e soppressione di atti pubblici. I nove, in particolare, avrebbero «stabilmente piegato lo svolgimento delle pubbliche funzioni al perseguimento di interessi privati consistenti in vantaggi politico-elettorali, mantenimento delle posizioni di potere e sviluppo della carriera, vantaggi economici per se stessi e per soggetti loro legati da vincoli di vicinanza politica, amicizia e sentimentali (per Goracci)». Con l’allora sindaco, «definito il re o lo zar», accusato di aver «promosso, costituito ed organizzato l’associazione a delinquere e gli altri nel ruolo di partecipi».
Quando faceva il moralista col Milan
Aveva già fatto parlare di sè l’ex deputato rifondarolo – mezza legislatura alla Camera dal 1992 al 1994 – quando era subentrato al posto di Luciana Castellina, il che gli basterà per avere il vitalizio assicurato dal 2019, quando compirà 60 anni. Un moralista di quelli duri e puri: antropologicamente di sinistra, non come i maschilisti del Pdl e della Lega. Nel 1993 si era indignato per i premi partita da cinquecento milioni di lire ai giocatori del Milan scudettato tanto da presentare un’interrogazione parlamentare. Vedeva rosso al solo sentire parlare di Silvio Berlusconi, tanto che nel luglio 2004 scatenò un dibattito accesissimo, ospitato anche su Liberazione, la scelta di ospitare il concorso estivo per trovare le veline di “Striscia la notizia”. Le sei puntate di selezioni, condotte da Teo Mammucari non erano andate giù ai compagni antiberlusconiani. Goracci si era difeso in questi termini. «Adesso mi definiscono il rifondarolo che flirta con le reti Mediaset. Non è affatto così: la mia ostilità è piena e totale. Abbiamo fatto una mera operazione commerciale a costo zero». Ad Antonio Ricci aveva fatto una richiesta da autentico Peppone del terzo millennio: «Gli ho chiesto vengano fatte molte inquadrature della nostra grande bandiera della pace in piazza Quaranta Martiri, dov’è il palco, e anche che facciano più zoomate sugli scorci medievali della città antica che non sulle “ciapèt” delle ragazze. Speriamo bene».
«Esclusa se non cedevi alle avances»
Chissà quante dissertazioni sui berlusconiani, la logica del bunga bunga e della destra ci saremmo dovuti sorbire se fosse stato un esponente del Pdl. Quante prediche sul celodurismo bossiano qualora fosse stato un sindaco del Carroccio. Ma che cosa dire se a incappare nella scabrosa vicenda sessuale è uno degli esponenti di quel che fu il partito Bertinotti, della sinistra al cachemire? Basta leggere i verbali. «La logica era chiara: o eri donna e cedevi alle avances del sindaco Goracci o eri uomo e avevi agganci politici o di amicizia con Goracci o con persone riconducibili al suo gruppo, oppure eri fuori dai giochi». È quanto afferma agli inquirenti perugini una donna, vigile urbano a tempo determinato del Comune di Gubbio, che sarebbe stata illegittimamente esclusa dalle «stabilizzazioni» perché ritenuta «invisa» alla presunta associazione a delinquere promossa dall’ex sindaco di Gubbio. Il quale, alla richiesta di chiarimenti sulla mancata stabilizzazione, avrebbe risposto: «Qui decido io, lei per me non entra». Le dichiarazioni della donna costituiscono un «riscontro», affermano gli inquirenti, alle dichiarazioni di una sua amica e collega, anche lei illegittimamente esclusa dal concorso per agente di polizia municipale a tempo indeterminato dopo aver respinto le presunte avances del sindaco (che per questo episodio è accusato anche di violenza sessuale).
Goracci, in una occasione, stando a quanto si legge nelle carte dell’inchiesta, l’avrebbe «attirata a sè, abbracciandola per le spalle e cercando di baciarla sulle labbra». La donna però «si era ritratta ed era riuscita ad andarsene dall’ufficio». A questo episodio ne sarebbe seguito un altro analogo: pure in questo caso Goracci avrebbe tentato di baciarla e la donna gli avrebbe detto «ancora una volta di piantarla, ricordandogli che aveva una moglie e una figlia». Nonostante ciò, le «profferte» del sindaco sarebbero proseguite fino a poco prima del concorso per agente di polizia municipale, che peraltro sarebbe stato bandito appositamente, secondo l’accusa, per «sistemare» la «coordinatrice della segreteria di Rifondazione comunista legata al gruppo del sindaco».
Un concorso finito male per la donna che aveva respinto le «richieste sessuali» di Goracci, «penalizzata ingiustamente nella prova orale e nella valutazione dei titoli», ma anche danneggiata con una procedura disciplinare. Com’era la storia della destra “machista”?